Attenzione: escluso dove espressamente indicato, questo articolo è privo di spoiler. Le informazioni riportate sono già visibili nei trailer, dichiarate nei comunicati ufficiali o provenienti dalla primissima parte del film. Tutte le immagini sono prive di spoiler.
‘era una volta, in un paese lontano lontano dove il cielo era azzurro e il mare blu, un giovane principe che aspettava a un telefono pubblico disabilitato verde un cavaliere per andare nel grande palazzo di ferro dove abitava il re, suo padre. Il palazzo si trovava al centro di un bosco, sotto un castello capovolto nel cielo, ma non era un posto sicuro perché il bosco era infestato da orribili mostri che volevano distruggere il palazzo per rubare il tesoro che era nascosto nelle segrete. Allora il re disse al principe: «Figlio mio, i mostri che infestano il bosco vogliono distruggere il palazzo per rubare il tesoro che è nascosto nelle segrete. Indossa dunque l’armatura di tua madre e parti per combatterli». Il principe si rifiutò, ma il re disse: «Ecco io ti dono questa spada forte come la volontà e questo scudo forte come l’amore, e a fianco a te avrai questo cavaliere per attraversare il bosco largo sette leghe, e quando l’avrai attraversato troverai il mare e nel mare un dono più prezioso del tesoro che è nascosto nelle segrete». Il principe attraversò il bosco, ma anche se per ogni lega che percorreva un mostro gli sbarrava il cammino, e anche se perse i doni di suo padre e il cavaliere non riuscì a seguirlo, alla fine arrivò al mare e lì trovò un grande tesoro e visse per sempre felice e contento.
Fine
‘era una volta, in un paese lontano lontano dove il cielo era azzurro e il mare blu, un giovane musicista con i suoi compagni, e insieme suonavano la più bella delle musiche. Un giorno i musicisti andarono nel grande palazzo di ferro dove abitava il re. Il palazzo si trovava al centro di un bosco, sotto un castello capovolto nel cielo, ma non era un posto sicuro perché il bosco era infestato da orribili mostri che volevano distruggere il palazzo per rubare il tesoro che era nascosto nelle segrete. Allora il re disse al musicista: «I mostri che infestano il bosco vogliono distruggere il palazzo per rubare il tesoro che è nascosto nelle segrete. Indossa dunque quest’armatura magica e parti per combatterli». Il musicista si rifiutò, ma il re disse: «Non vedi che una tua compagna è forte come la volontà e una è forte come l’amore? A fianco a te avrai questo cavaliere per attraversare il bosco largo sette leghe, e quando l’avrai attraversato troverai il mare e nel mare un dono più prezioso del tesoro che è nascosto nelle segrete». Il musicista attraversò il bosco, ma anche se per ogni lega che percorreva un mostro gli sbarrava il cammino, e anche se le sue compagne presero altre strade, alla fine arrivò al mare, ma lì non trovò nessun tesoro e visse per sempre infelice e scontento.
Fine
‘era una volta, in un paese lontano lontano dove il cielo era azzurro e il mare rosso, un giovane principe che aspettava a un telefono pubblico disabilitato arancione un cavaliere per andare nel grande palazzo di ferro dove abitava il re, suo padre. Il palazzo si trovava al centro di un’area disastrata, sotto un castello capovolto nel cielo, ma non era un posto sicuro perché era infestato da orribili mostri che volevano distruggere il palazzo per rubare il tesoro che era nascosto nelle segrete. Allora il re disse al principe: «Figlio mio, i mostri che infestano l’area disastrata vogliono distruggere il palazzo per rubare il tesoro che è nascosto nelle segrete. Indossa dunque l’armatura di tua madre e parti per combatterli». Il principe si rifiutò, ma il re disse: «Ecco io ti dono questa spada forte come la volontà, questo scudo forte come l’amore e quest’arco forte come la passione, e a fianco a te avrai questo cavaliere per attraversare l’area disastrata larga sette leghe, e quando l’avrai attraversata troverai il mare e nel mare un dono più prezioso del tesoro che è nascosto nelle segrete». Il principe attraversò l’area disastrata, ma anche se per ogni lega che percorreva un mostro gli sbarrava il cammino, e anche se il cavaliere scappò via con due dei doni del re e il terzo fu perduto e sostituito, alla fine arrivò al mare e lì trovò un grande tesoro e visse per sempre felice e contento.
Fine
Se queste tre storie sembrano simili è perché lo sono. D’altronde l’aveva detto chiaramente Hideaki Anno stesso nel 2007: «Evangelion è una storia che si ripete» (o, per essere più fedeli al giapponese, «è una storia fatta di ripetizioni»).
Negli ultimi 25 anni 5 mesi e 5 giorni, cioè a partire da quel 4 ottobre 1995 in cui iniziò la trasmissione della serie TV Neon Genesis Evangelion sui canali del network TV Tokyo, fino al giorno 8 marzo 2021 in cui è uscito nei cinema giapponesi il film Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time, il mito narrativo assoluto di questo titolo si è espanso in maniera paragonabile a pochissimi altri fenomeni di costume, trasformandosi in una vera icona culturale del XXI secolo. Eppure non è mai venuto meno a sé stesso: è sempre e comunque una storia che si ripete.
Dal 4 ottobre 1995 all’8 marzo 2021: 9’288 giorni durante i quali il nome Evangelion si è riverberato in una quantità infinita di opere, di prodotti, di titoli, di gadget, di articoli di giornale, di saggi, di tesi di laurea, di treni, di calzini, di federe, di dibattiti filosofici, di modellini, di dolcetti col ripieno rosso. 9’288 giorni che hanno condizionato nel bene o nel male, in piccolo o in grande la vita di chiunque si sia imbattuto in Evangelion, perché è un’opera così larger than life che veramente chiunque può vedervi qualcosa dentro. Di più: chiunque riesce effettivamente a vederci dentro quello che vuole, anche ciò che nell’opera non c’è affatto, perché gli spunti che fornisce e il suo mondo narrativo sono così grandiosi che su Evangelion è possibile dire tutto e il contrario di tutto. C’è chi ne apprezza la trama fantascientifica, chi il service, chi i riferimenti alla filosofia tedesca, chi questo e chi quell’altro: un’opera per tutti.
Un’opera per tutti, eppure anche un’opera per nessuno, perché Evangelion è incomprensibile. Un po’ lo è per l’astuzia dei suoi ideatori: la trama enigmatica, i riferimenti misteriosi, le simbologie religiose e l’ambiguità ovunque rendono l’opera quantomeno ermetica. Un po’ però lo è perché Evangelion è prima di ogni altra cosa l’espressione artistica e intellettuale più alta di Hideaki Anno, e come si dice nel film del 1997 The End of Evangelion, se già è difficile capire la propria vita, figuriamoci la vita degli altri, ed Evangelion è a tutti gli effetti la vita di Anno. Incomprensibile a tutti, forse anche a sé stesso.
Quindi ecco un caso eccezionale -forse unico nella storia?- di un’opera una e multipla che da decenni muore e rinasce in decine di varianti sempre uguali e sempre diverse e che con l’uscita nei cinema giapponesi di Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time è finita definitivamente.
La fine di Evangelion
Com’è noto, il progetto Rebuild of Evangelion partì nel 2007 a seguito delle dichiarazioni d’intenti del regista Hideaki Anno, comunicate prima sulla rivista Newtype e poi su scenografici manifesti affissi nei cinema giapponesi. Il suo scopo era ridare nuova vita a Evangelion, il franchise narrativo da lui ideato e a cui dal 1995 aveva già dato almeno due incarnazioni in televisione e al cinema, oltre alle tantissime varianti su carta, in primis il fumetto ufficiale realizzato da Yoshiyuki Sadamoto. Nelle parole di Anno, Evangelion era invecchiato, «eppure in questi 12 anni non c’è stato un anime più nuovo di Evangelion».
Oggi quel progetto arriva alla sua conclusione. Ci sono volumi 14 anni di tempo dal primo Evangelion: 1.0 You Are (Not) Alone per arrivarci, ma ci è arrivato. 14 anni, proprio come l’età dei Children: benché certamente non premeditato, viene quasi da pensare che questo lasso di tempo non sia casuale, che sia il destino, che sia stato necessario per gli spettatori per crescere come lo è stato per i personaggi.
È stato necessario crescere anche per lo staff. Hideaki Anno lo scrive chiaramente nell’introduzione/manifesto del pamphlet che accompagna l’uscita di Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time dal titolo Che cosa stiamo cercando di fare per la terza volta?, titolo che fa eco a quel Che cosa stiamo cercando di fare di nuovo? che era sui suddetti manifesti del 2007 e a quel Che cosa stiamo cercando di fare? che era sul primo volume del fumetto nel 1995.
Che cosa stiamo cercando di fare per la terza volta?
Negli 11 anni da quando è iniziata la pre-produzione di questo film e nei quattro anni che ha richiesto la produzione vera e propria, e con un costo gigantesco, nei limiti del possibile abbiamo esplorato quanto d’interessante può venir fuori nel mettere in dubbio i vari stilemi della sensibilità e dell’arte del cinema d’animazione.
Quanto d’interessante c’è nel design.
Quanto d’interessante c’è nel disegno e nella composizione.
Quanto d’interessante c’è nel disegno a mano e nel suo movimento.
Quanto d’interessante c’è nel disegno in 3DCG e nel suo movimento.
Quanto d’interessante c’è nel colore.
Quanto d’interessante c’è negli sfondi.
Quanto d’interessante c’è nella fotografia.
Quanto d’interessante c’è nelle inquadrature.
Quanto d’interessante c’è nel modificare le inquadrature.
Quanto d’interessante c’è nel montaggio.
Quanto d’interessante c’è nella recitazione delle voci.
Quanto d’interessante c’è nella musica e negli effetti sonori.
Quanto d’interessante c’è nell’arrangiamento e nel bilanciamento sonoro.
Quanto d’interessante c’è nell’unire tutto questo nella rappresentazione.Inoltre, quanto d’interessante c’è nell’animazione con la sensibilità e i metodi per gli effetti speciali sperimentati da Evangelion: 2.0.
Quanto d’interessante c’è nell’animazione con gli stili e i metodi del cinema dal vivo che ricerchiamo da Evangelion: 2.0.Poi, quanto c’è d’interessante nei film, ovvero quel che rende un copione e una storia almeno un po’ interessanti, e nel caso di questo film abbiamo continuato a interrogarci costantemente su cosa sarebbe stato meglio fare, e per tutto il tempo fino all’ultimo secondo abbiamo spremuto al massimo tutte le nostre emozioni, la nostra arte e le nostre esperienze.
Il risultato che abbiamo ottenuto è questo film finito.
Cari spettatori, saremmo felici se riusciste a godervi e a divertirvi almeno un po’, con quest’opera d’intrattenimento, quanto d’interessante, di affascinante e di piacevole c’è nel cinema d’animazione.
Infine, a tutto lo staff, il cast e i fan che hanno accompagnato verso la conclusione per tre volte l’opera intitolata Evangelion, e a mia moglie che in pubblico e in privato ha continuato a sostenere l’opera e me stesso, esprimo la mia riconoscenza.
Grazie mille.
Hideaki Anno
Una dichiarazione del genere non si legge tutti i giorni. Evangelion come lavoro personale e insieme collettivo, risultato dell’idea di una persona e dell’impegno di molte. Al contempo, Evangelion come opera d’intrattenimento popolare e come campo di sperimentazione del cinema d’animazione.
In 25 anni di lavoro Anno e il suo staff hanno prodotto un’opera che ha cambiato prima la storia dell’animazione giapponese, poi mondiale, poi il cinema e poi la cultura pop tutta. Ma la fine è quello che viene immancabilmente dopo l’inizio, e dopo essere stato rimandato due volte per via della pandemia di coronavirus, l’8 marzo 2021 Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time è finalmente uscito a mettere il punto e chiudere il cerchio.
Trama
Il film è introdotto dal cortometraggio Kore made no Evangelion shin gekijō-ban (“Il Rebuild of Evangelion finora”), un riassuntone dei primi tre film montato da Anno stesso.
Dopo il cortometraggio inizia il film, a partire dal segmento AVANT presentato lo scorso 6 luglio 2019 al Japan Expo di Parigi.
• AVANT
La WILLE con la sua astronave AAA Wunder è in Francia per ripristinare le strutture della divisione europea della NERV e recuperare alcuni pezzi di ricambio per l’Unità-02. Per farlo deve attivare un pilastro sigillante, ovvero un gigantesco cilindro nero segnato da rune in grado di generare delle aree chiamate L Barrier, all’interno delle quali aria, acqua e terra vengono ripulite dalla polvere rossa e riportate al loro stato pre-Second Impact. Durante le operazioni però la WILLE viene disturbata dall’arrivo di un esercito di Eva Mark.44A e B e di un gigantesco Eva Mark.4444C col fucile a positroni, che Mari a bordo dell’Unità-08 combatte e sconfigge usando la Torre Eiffel come arma impropria.
Attenzione: da qui in poi il paragrafo contiene spoiler.
• Prima parte: vita al Villaggio-3
Nel frattempo, in Giappone, Asuka è andata a recuperare Shinji e il clone di Rei, il primo apatico a seguito della morte di Kaworu e la seconda inconsapevole di chi è realmente (non è la Rei conosciuta fino al secondo film e nel terzo film non ha mai ricevuto un nome) e li porta «dove si trovano i lilin»: il Villaggio-3. Durante i 14 anni di tempo fra il secondo e il terzo film gli abitanti di Neo Tokyo-3 si sono spostati a vivere dentro una L Barrier che contiene una vasta area agricola e un villaggio ricostruito intorno a un deposito ferroviario. I pilastri sigillanti, i materiali da costruzione, i medicinali e tutto il resto per la sopravvivenza vengono forniti dalla Kredit, un’azienda della WILLE. Il villaggio non è prospero, ma i suoi abitanti vivono un’esistenza pacifica e bucolica, dove la presenza di alcune tecnologie futuribili convive con la mancanza delle tecnologie tipiche del XX secolo come lavatrice e televisore.
Nel villaggio vivono alcuni personaggi persi di vista nel terzo film, fra cui i compagni di scuola di Shinji: Tōji è diventato un dottore, si è sposato con Hikari e ha avuto una bambina, Tsubame, mentre Kensuke è uno scienziato, insegna nella scuola locale e convive con Asuka in un ex vagone riadattato come abitazione. Il clone di Rei va a vivere con Tōji: lì bada alla bambina e va a lavorare nelle risaie con le mondine del villaggio; pian piano si ambienta splendidamente e le mondine le chiedono di trovarsi un nome. Shinji invece va a casa di Kensuke, ma è ancora completamente incapace di muoversi o mangiare finché, punzecchiato da Asuka, scappa e va alle rovine della NERV, dove trova la gabbia dell’Unità-01, e lì si ferma. Il clone di Rei gli porta da mangiare: lui per alcuni giorni resiste alla fame, poi l’impulso di sopravvivenza ha il sopravvento. Un giorno Kensuke porta Shinji a fare un giro e gli spiega che il villaggio è pulito grazie ai pilastri sigillanti, i quali tengono fuori gli Eva Infinity Series che infestano la terra rossa; i pilastri vengono “coltivati” in una risaia pulitissima gestita fra gli altri da Ryōji Kaji, il figlio di Kaji e Misato con cui Shinji fa amicizia.
Il clone di Rei però non è fatto per vivere fuori dalla NERV e il suo corpo lentamente si contamina. Un giorno, serena e conscia che la fine sta arrivando, va a salutare Shinji: lei riceve da lui il suo nome («Ayanami deve chiamarsi Ayanami»), si congeda con una stretta di mano e poi esplode in una pozzanghera di LCL.
• Seconda parte: a bordo della AAA Wunder
Attenzione: gli eventi di questa seconda parte del film sono in larga parte contemporanei fra loro e narrati in modo frammentario in vari momenti e da vari personaggi. Per essere trascritti in modo comprensibile sono qui presentati in un ordine logico che non sempre coincide con l’ordine cronologico usato nel film.
Shinji decide quindi di lasciare il Villaggio-3 e di unirsi alla WILLE, sperando di poter essere di qualche utilità. A bordo della AAA Wunder Shinji viene messo in quarantena, ma ritrova Asuka e Mari. L’equipaggio dell’astronave si sta preparando per andare a combattere l’Operazione Yamato, ovvero la battaglia definitiva contro la NERV per terminare una volta per tutte l’Unità-13 e fermare il Final Impact che Gendō sta pianificando per avviare il Progetto per il Perfezionamento dell’Uomo. Misato e Ritsuko sono pronte, come pure gli altri membri: tutti si mettono al braccio tante bandane quante sono le perdite umane che hanno subìto, bandane azzurre com’era il colore del mare. La bandana al braccio di Misato è per Kaji.
La AAA Wunder parte alla volta della base della NERV, che dal Giappone si è spostata in Antartide portandosi dietro la Luna Nera, ovvero il GeoFront che il Fourth Impact aveva fatto rispuntare dalla terra. L’Antartide è coperto dal Camouflage Cocoon (uno strato artificiale di pack bianco) che, infranto dalle ali dell’astronave, rivela una parte sottostante rossa. Durante la discesa la AAA Wunder viene però intercettata dalla NERV. Le operazioni di contrattacco sono guidate da Fuyutsuki, che scaglia contro la WILLE una forza bellica incalcolabilmente estesa e composta da innumerevoli Eva Infinity Series, i quali attaccano sia a pioggia sia fondendosi per formare oggetti giganteschi -erano loro che apparivano rossi sotto la corazza bianca-, oltre a moltissimi Eva Mark.07 con la testa di teschio, e quattro inquietanti Eva Mark.09A, 10, 11 e 12 la cui testa si apre a X per attaccare. Oltre agli Eva, la NERV schiera anche le tre astronavi NHG Erlösung (“salvezza” in tedesco), NHG Erbsünde (“peccato originale”) e NHG Gebet (“preghiera”), le quali assomigliano sospettosamente alla AAA Wunder.
Asuka e Mari si tagliano i capelli (l’unica parte del corpo che continua a crescere nonostante la maledizione dell’Eva), indossano le plug suit e partono a bordo delle loro Unità. La battaglia contro l’esercito della NERV è estremamente lunga, violenta e faticosa, ma le due ragazze sembrano tenere testa al nemico finché il Mark.09A non riesce a raggiungere la AAA Wunder e lì sciogliersi in un blob blu che causa una contaminazione angelica all’astronave. Il Mark.09A riesce facilmente a contagiare e resettare il computer centrale dell’astronave perché in realtà questa era un mezzo della NERV, ovvero la NHG Buße (“pentimento”): originariamente era una delle quattro astronavi NHG preparate dalla NERV e necessarie per il rituale d’inizio del Final Impact, ma la WILLE la rubò non solo per i suoi scopi militari, ma anche per usarla come una sorta di Arca di Noè, con una grande sala usata per preservare esemplari delle specie viventi terrestri, inclusi i semi di Citrullus lanatus.
Nel frattempo Asuka riesce a raggiungere l’Unità-13 crocifissa nella sede della NERV, ma mentre cerca di distruggerne il nucleo piantandoci una croce dentro, certa che l’Unità non opporrà resistenza perché non c’è nessuno a bordo, all’improvviso questa attiva un A.T. Field oltremodo potente. Asuka decide di passare alle maniere forti: si toglie la benda con le rune di contenimento della contaminazione angelica ed estrae dal suo bulbo oculare un pilastrino sigillante, liberando così l’Angelo che è in lei e trasformando l’Unità-02 in una enorme bestia sacra. Asuka prova così a distruggere l’A.T. Field, ma viene interrotta da un’altra sé stessa: a bordo dell’Unità-13, insieme con un nuovo Kaworu, c’era un’altra Asuka, «Il mio originale?». Costei passa nell’entry plug dell’Unità-02 e Asuka scompare. Lo 02 è sconfitto, un altro Impact è innescato.
Nel frattempo la AAA Wunder contaminata è tornata a essere una nave della NERV: la WILLE si è cacciata da sola in una trappola perché Gendō non stava aspettando altro che il ritorno della AAA Wunder per riconvertirla in NHG Buße, poiché sono necessarie tutte e quattro le astronavi per avviare il Progetto per il Perfezionamento dell’Uomo. Le quattro astronavi sviluppano A.T. Field a forma di ali e iniziano un rituale che Misato e Ritsuko non riconoscono come quello previsto dalla SEELE: non è l’atteso Final Impact, è l’Another Impact.
L’Unità-13 si risveglia, ma prima di salirci a bordo per iniziare l’Another Impact, Gendō va a incontrare l’equipaggio della WILLE per rivelare loro il contenuto delle Pergamene apocrife del Mar Morto e convincerli della bontà del suo progetto.
Quattro miliardi di anni fa il popolo alieno noto come Prima Razza Ancestrale mandò dei semi di vita detti Angeli sui pianeti disabitati per colonizzarli. L’Angelo destinato alla Terra era Adam, fornito di una lancia, un oggetto senziente, e contenuto in un uovo gigante, la Luna Bianca, penetrato in Antartide. Accidentalmente, però, arrivò sulla Terra anche un secondo uovo: era la Luna Nera e conteneva Lilith. La Luna Nera si schiantò rovinosamente sulla Terra, generando detriti che poi hanno formato la Luna naturale e facendo perdere a Lilith la sua lancia; questo scontro fu poi chiamato First Impact. Poiché ogni pianeta può ospitare solo un singolo seme di vita, la lancia di Adam decise di infilzarlo, sigillandolo nel suo uovo e consentendo a Lilith di emettere il suo brodo primordiale e dare vita alla sua progenie: l’Uomo.
Molti millenni dopo, la SEELE scoprì le Pergamene apocrife del Mar Morto, venne a conoscenza della storia di Adam e Lilith e decise di andarli a cercare: Adam giaceva ancora nella Luna Bianca sotto l’Antartide, mentre Lilith si trovava nella Luna Nera, che per via degli spostamenti tettonici era finita sotto il Giappone. La SEELE immobilizzò Lilith su una croce e riempì di terra la Luna Nera, ribattezzata GeoFront, per usarla come base sotterranea per esperimenti fisici e mentali estremi su Lilith, compresa la scissione dell’anima dal corpo. Un giorno la SEELE tentò un esperimento con Adam: rimosse la lancia e unì DNA umano con quello di Adam, ma questo generò una gigantesca esplosione passata alla storia come Second Impact. Gli scienziati riuscirono a fermare Adam reinfilzandolo con la lancia, ma nel breve tempo in cui era stato libero Adam era riuscito a generare dei figli: gli Angeli.
Angeli vogliono raggiungere il GeoFront per vendicare loro padre eliminando l’usurpatore Lilith e tutti gli uomini. La NERV fin dall’inizio lavorava per cambiare l’habitat del pianeta Terra, «purificarlo» da Lilith e renderlo abitabile per Adam e la sua progenie. Gendō spiega che i precedenti Impact erano serviti proprio a questo: il Second Impact ha purificato il mare rendendolo rosso, il Third Impact ha purificato la terra rendendola rossa, e il Fourth Impact ha purificato le anime trasformandole in nuclei incapsulati negli innumerevoli Eva Infinity Series rossi. D’altronde, nelle parole di Gendō, «agli esseri umani che hanno mangiato il frutto della conoscenza non restano che due possibilità: essere sterminati dagli Angeli che hanno mangiato il frutto della vita, oppure sterminarli, perdere la conoscenza e vivere per sempre come figli degli déi. La SEELE scelse quest’ultima possibilità». Ed eccolo dunque il Progetto per il Perfezionamento dell’Uomo: sostuituirsi agli Angeli. Trasformarsi tutti in Evangelion, Angeli artificiali, e vivere per sempre in quello status divino che gli alieni della Prima Razza Ancestrale avevano previsto per Adam e i suoi figli.
Ora la Terra è pronta e l’ora è giunta. Gendō vuole salire sull’Eva-13 per innescare l’Another Impact e invita la WILLE a sostenerlo. Ritsuko si rifiuta e spara a Gendō vari colpi di pistola in testa, ma lui invece di morire riprende i pezzi del suo cervello e se li rimette del cranio, completamente vuoto e con una fessura al posto degli occhi. Usando la chiave di Nabucodonosor, Gendō ha infatti abbandonato la propria condizione umana per diventare un essere para-divino.
• Terza parte: il Progetto per il Perfezionamento dell’Uomo
Attenzione: gli eventi di questa terza parte del film sono narrati in modo estremamente frammentario e astratto in vari momenti e da vari personaggi. Per essere trascritti in modo comprensibile sono qui presentati in un ordine logico che non sempre coincide con l’ordine cronologico usato nel film.
Gendō sale dunque sull’Unità-13: sembrerebbe che tutto sia perduto, ma Shinji decide con la massima convinzione di salire sull’Unità-01 per contrastare suo padre. In una lite con gli altri membri della WILLE, Misato si para davanti a Shinji e viene colpita da una pallottola sparata da Sakura Suzuhara: Misato è ora completamente, nuovamente dalla parte di Shinji e lo sprona a salire sull’Eva e confrontarsi con suo padre una volta per tutte, perché «ci sono solo due cose che un figlio può fare a suo padre: dargli una pacca sulla spalla o ucciderlo». Shinji indossa il DSS choker, che in realtà è un dispositivo anti-contaminazione angelica proprio come i pilastri sigillanti, e sale per l’ultima volta sull’Unità-01.
A bordo dell’Unità-01 Shinji trova Rei con i capelli lunghissimi: è infatti la Rei che, 14 anni prima, Shinji aveva salvato dall’Angelo Zeruel e il cui assorbimento nell’Unità-01 aveva innescato il Third Impact. Per tutto questo tempo Rei era rimasta dentro lo 01 e i suoi capelli erano cresciuti; la sua presenza nell’entry plug è il motivo per cui lo 01 era ancora attivo e poteva produrre energia per la AAA Wunder. Shinji prende il posto di Rei alla guida dell’Unità-01 e parte la battaglia con suo padre.
Lo scontro fra Shinji e Gendō, prima fisico e compiuto con le due lance di Longinus e Cassius estratte dall’Unità-13, diventa presto mentale quando i due entrano dentro il Golgotha Object, un ipercubo che trasporta i due contententi nel Mondo dei ricordi di Shinji: i due Eva si ritrovano a combattere in un modello in scala di Neo Tokyo-3, poi in classe a scuola, poi a casa di Rei, poi a casa di Misato… in breve Shinji realizza di trovarsi in un teatro di posa in cui si svolgono delle scenette su una scenografia finta. In un flusso di coscienza inarrestabile come il treno mentale su cui stanno viaggiando, Gendō racconta per la prima volta la propria vita al figlio.
Emarginato dagli altri bambini a scuola, Gendō si buttò anima e corpo nelle sue uniche due passioni, lo studio e il pianoforte, crescendo solo e distante da tutti: per anni si isolò dal mondo mettendosi le cuffiette del suo lettore musicale portatile, lo S-DAT, finché all’università non incontrò, fra gli studenti del professor Fuyutsuki, alcuni amici, in particolare le due ragazze Yui e Mari, quest’ultima chiamata da Fuyutsuki “Maria Iscariota”. Gendō e Yui si misero insieme e dal loro amore nacque Shinji.
Durante un viaggio in Germania, la famiglia Ikari venne notata da una bambina locale: è Asuka, o meglio l’ultima Asuka rimasta. Si scopre infatti che al tempo la SEELE creò innumerevoli cloni Shikinami-type per poterli usare come piloti, ma l’addestramento oltremodo duro decimò i cloni così che alla fine ne rimase solo una: Asuka Shikinami Langley. Come Asuka aveva spiegato al clone di Rei al Villaggio-3, infatti, gli Eva e i loro piloti sono la stessa cosa, ovvero entrambi esseri creati artificialmente. Solo dei cloni possono quindi guidare gli Eva: Shinji e Mari, veri esseri umani, sono delle eccezioni, il primo in sincronia con lo spirito di sua madre e la seconda coinvolta nel progetto fin dall’inizio e rimasta giovane da decenni per via della maledizione degli Eva. In realtà però di cloni Shikinami-type ne erano rimasti due: il secondo era stato tenuto nascosto finora dalla NERV e messo adesso alla guida dell’Unità-13, così che il suo incontro con Asuka potesse fare da trigger per un altro Impact.
Il flashback di Gendō continua con la morte di Yui, che lo gettò in una prostrazione inconsolabile, nemmeno dal figlio. Così Gendō diede a Shinji il suo S-DAT come regalo d’addio e lo mandò via per potersi concentrare nelle sue ricerche e far risorgere Yui, che poi porteranno alla creazione dei cloni di Ayanami-type.
Fuori dal Golgotha Object, dalla sede della NERV si erge una gigantesca Rei completamente bianca e alata, al cui seguito tutti gli Eva Infinity Series si trasformano in uno sterminato esercito di Rei bianche e senza testa. Misato, in fin di vita per la pallottola ricevuta, spiega che la AAA Wunder è fatta con materiale preso dalla Luna Nera, in particolare la colonna vertebrale. Ordina quindi a tutto l’equipaggio di sganciare la colonna vertebrale dai sostegni che la tengono in posizione e di salire sulle scialuppe di salvataggio per abbandonare la nave: lei, sola e ormai prossima alla morte, guiderà l’astronave contro la Rei gigante che protegge Gendō. L’astronave perfora le mani e l’occhio di Rei, entra nella sua testa e lascia scivolare fuori la colonna vertebrale, che scende verso Shinji trasformandosi nella lancia di Gaius, uno strumento in grado di fermare l’Another Impact. Conclusa la sua missione la AAA Wunder esplode in un boato: il flusso di coscienza di Gendō si interrompe, Shinji gli restituisce lo S-DAT e lui scende dal treno mentale.
Shinji si ritrova con il nuovo Kaworu che era alla guida dell’Unità-13. Quest’ultimo spiega che il suo nome è scritto sul Libro della vita ed è questo che gli consente di morire e rinascere infinite volte: le “bare” sulla Luna sono infatti innumerevoli, innumerevoli già aperte e innumerevoli ancora chiuse. Kaworu ha inoltre aggiunto al suo anche il nome di Shinji: in questo modo in futuro si potranno incontrare ancora.
Anche Kaworu se ne va e, alla fine del Progetto per il Perfezionamento dell’Uomo, Shinji si ritrova nel teatro vuoto con la Rei dai capelli lunghi trovata dentro lo 01: ha in braccio Tsubame, la figlia di Tōji e Hikari, ma è solo un bambolotto… forse il Villaggio-3 è solo un altro dei possibili scenari creati dal libero arbitrio di Shinji? Forse l’intero mondo non è altro che uno di tanti possibili mondi? Forse era immaginario? Forse l’intera esistenza è il frutto delle nostre scelte? Se è così, allora è possibile reinventare la propria vita, una “nuova genesi”, un mondo nuovo che sia privo di Evangelion. Shinji si congeda da Rei con una stretta di mano e decide di proseguire la sua vita con coraggio, consapevole ora che la vita pone degli ostacoli a tutti e che tutti devono farsi forza e continuare a vivere sempre, e immagina il suo futuro.
Gendō, invece, ormai è stanco e preferisce smettere di combattere: l’Unità-13 abbraccia l’Unità-01, che si strappa via dal petto l’entry plug con Shinji, rimandandolo sano e salvo sulla terraferma, e le due unità Eva/i due genitori di Shinji decidono di suicidarsi trafiggendosi insieme con le lance, morendo e mettendo fine per sempre alla NERV, alla terra rossa, agli Angeli: addio, tutto Evangelion. Gli Evangelion Infinity Series che fluttuavano nel mondo sono persone, animali ed esseri viventi ingabbiati dopo il Fourth Impact in un’armatura mentale, che finalmente si discioglie e consente loro di tornare a vivere: addio, tutti gli Evangelion. Anche Asuka torna a vivere e il suo corpo è ora quello di un’adulta finalmente libera dalla maledizione dell’Eva.
Shinji e Mari emergono dal mare azzurro e si ritrovano sulla spiaggia.
• Quarta parte: ritorno alla vita reale
Anni dopo, alla stazione di Ube Shinkawa a Ube, nella Prefettura di Yamaguchi, delle persone aspettano il treno sulle banchine. Alcuni, in lontananza, sembrano proprio dei personaggi conosciuti, chissà se sono loro. Su una panchina siede Shinji Ikari, ormai un uomo in giacca e cravatta. Una donna gli copre gli occhi e gli chiede «Chi sono?», è Mari e anche lei si è fatta donna. Mari toglie e getta via il DSS choker a Shinji, dato che ormai non ci sono più Angeli dai quali proteggersi, liberandolo per sempre dal fardello del passato. I due si stringono la mano, escono dalla stazione e corrono via verso l’amore, verso il futuro, verso la realtà.
La liberazione degli Eva
Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time è stato per lungo tempo un film maledetto: la famosa “maledizione degli Eva”, si potrebbe dire, che in giapponese suona come エヴァの呪縛 Eva no jubaku, ovvero qualcosa del tipo “maledizione di blocco degli Eva”. I nove anni intercorsi fra Evangelion: 3.0 You Can (Not) Redo e questo nuovo Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time hanno fatto disperare i fan della serie, che ormai erano arrivati a ironizzare su un film che doveva essere cosa fatta già anni fa e che invece è poi diventato un’incognita.
Non che il film sia mai andato in development hell o altro: semplicemente, il regista Hideaki Anno faceva cose, ma non il film. In realtà fra il 2012 e il 2021 Anno ha lavorato molto: naturalmente ha diretto Shin Godzilla, film già cult che gli è valso un riconoscimento artistico statale e ha enormemente accresciuto la sua fama fra i non otaku, e poi ha messo mano a varie produzioni più o meno grandi fra cui Star Blazers 2199 e The Dragon Dentist del suo Studio Khara, oltre a vari altri lavoretti fra cui quelli con la moglie, la fumettista Moyoco Anno. Non si può quindi dargli del negligente, al massimo si può dire che se l’è presa comoda, ma anche questo non è poi vero perché, come indicato nel manifesto d’intenti Che cosa stiamo cercando di fare per la terza volta?, questi nove anni sono stati un periodo di ricerca e lavoro che i fan, molto semplicemente, non vedevano.
Ora che però il film è uscito, questi anni di lavoro si vedono eccome. Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time è una monumento all’animazione, una celebrazione dell’animazione, un trionfo dell’amore per l’animazione. Benché non sia impossibile che Hideaki Anno d’ora in poi si occupi solo di film dal vivo, dato l’interesse sempre maggiore dimostrato per la cinematografia dal vivo e il disprezzo sempre maggiore e chiaramente esplicitato per lo stato attuale dell’animazione giapponese, Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time non può non essere il lavoro d’amore di un animatore per l’animazione. È un canto del cigno? Mai canto del cigno fu più sentimentale.
Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time, forse proprio in quanto episodio finale della tetralogia Rebuild of Evangelion, si sbizzarrisce esibendo una gran quantità di linguaggi tecnici e artistici dell’animazione, il che lo pone come un degno erede dei finali della serie TV e del film The End of Evangelion, che al tempo fecero scuola quanto a bizzarria. Come i suoi illustri precedenti, anche questo film fa ricorso sia all’animazione tradizionale sia a quella in CGI, sia da sole sia mischiate insieme, ed entrambe con grande varietà di stili. La lunga scena col flusso di coscienza del Progetto per il Perfezionamento dell’Uomo, in particolare, è un pezzo da manuale di Hideaki Anno, con la sua alternanza fra animazione schizzata su carta, colorata a pastello, parzialmente o interamente colorata, integrata con la CGI, rielaborata in CGI, ricalcata dal vivo, integrata con immagini dal vivo e disegnata su immagini dal vivo. Anno doing Anno, insomma.
Un interesse non solo per l’animazione, ma soprattutto per le potenzialità dell’animazione, cioè per quelle caratteristiche che può dare solo l’animazione e non il cinema dal vivo, che era già dichiarato nel manifesto d’intenti («Quanto d’interessante c’è nel design. Quanto d’interessante c’è nel disegno e nella composizione. Quanto d’interessante c’è nel disegno a mano e nel suo movimento. Quanto d’interessante c’è nel disegno in 3DCG e nel suo movimento») e che si concretizza in 155 minuti di fantasmagoria su grande schermo.
La somma delle parti e il tutto
Esattamente come accadeva sia nella serie TV sia nel film del 1997, anche in Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time il Progetto per il Perfezionamento dell’Uomo avviene come una sorta di seduta psicanalitica in cui i personaggi si raccontano con dei flussi di coscienza. È solo uno dei numerosissimi rimandi alle due narrazioni precedenti della storia: una miriade di citazioni, a volte letterali e a volte no, che non sono fondamentali per la comprensione del film, quindi possono essere ignorate da chi ha scoperto Evangelion solo dal 2007 col progetto Rebuild of Evangelion, ma che ai conoscitori dà invece un grande piacere notare. Non è il piacere fine a sé stesso della scoperta del dettaglietto di cui gli altri non si sono accorti: è accorgersi che quella stessa cosa era già stata detta, eppure è ancora interessante ed è possibile ridirla in una maniera uguale eppure diversa. Imitatio, æmulatio, variatio: Anno non fa nulla per celare le sue fonti, interne ed esterne alla sua carriera, perché è poi abbastanza bravo a rielaborarle con la sua sensibilità.
Ecco quindi che Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time ha fra le sue maggiori qualità proprio il modo in cui riesce a gestire imitazione, emulazione e variazione di modelli già esistenti in maniera eccezionale, in primis attraverso la suddivisione delle parti del film.
Attenzione: da qui in poi il paragrafo contiene spoiler.
Esattamente come dice il titolo, il film è strutturato in tre parti più una.
- La prima parte è l’esatto proseguimento del film precedente. Mari continua a combattere (guidando l’Eva come una camionista), Asuka porta Shinji e il clone di Rei con sé e vivono una prima parte da commedia pastorale, esplicitamente ispirata a Il mio vicino Totoro: nei titoli di coda compare fra i ringraziamenti la dicitura “Studio Ghibli (Il mio vicino Totoro)”.
- La seconda parte è quella di combattimento. L’atmosfera sia visiva sia sonora cambia radicalmente e dalla tranquillità iniziale si arriva di colpo a oltre mezz’ora di botti ed esplosioni continue.
- La terza parte è il Progetto per il Perfezionamento dell’Uomo ed è una rinarrazione di The End of Evangelion. Ci sono sia soluzioni nuove sia citazioni letterali a livello di dialoghi e di immagini, eppure non sembra di vedere una cosa “già vista” perché la sensibilità registica e i contenuti sono diversi, rispondendo fra l’altro a molte domande in sospeso.
- La quarta e ultima parte è il finale, che per quanto brevissimo è assolutamente fondamentale. Un’immagine di serenità: si cresce, si abbandonano i fardelli del passato, si ritorna alla realtà.
Questo ci porta ad alcune considerazioni.
La prima è di tipo registico ed è già ampiamente appurata: Hideaki Anno ama suddividere le sue opere in capitoli, o meglio atti teatrali ben distinti fra loro. L’ha sempre fatto, lo faceva già dai tempi di Punta al Top! GunBuster, l’OVA del 1988 composto da sei episodi divisi in tre trance, ovvero una commedia scolastica, una tragedia psicologica e una storia di fantascienza pura. In questo nuovo film la divisione è ancora più accentuata grazie alla grande eredità che Hideaki Anno ha ricevuto dal suo maestro Hayao Miyazaki, ovvero la suddivisione spaziale della storia.
Esattamente come accade in Miyazaki, anche in questo film di Anno è lo spostamento o il non spostamento dei personaggi a determinare la trama. Quando stanno fermi non succede loro niente né a livello psicologico né fisico, quando si muovono ecco che mettono in moto gli eventi. È una tecnica già ampiamente recepita e brillantemente sfruttata da Anno, ma in questo film raggiunge un livello di precisione e di rapporto causa-effetto assolutamente lampante e totale. In tutte e quattro le parti del film, senza eccezione e con una precisione matematica, Shinji passa da una posizione statica e osservatrice a una dinamica e produttrice. Di più, quando Shinji sta seduto la trama si ferma, quando poi si alza in piedi la trama avanza, letteralmente, e questo succede fisicamente in tutte e quattro le parti: Shinji seduto e poi in piedi, seduto e poi in piedi, seduto e poi in piedi, seduto e poi in piedi.
In questo modo Anno dà alle immagini un valore assoluto, perché la messinscena e la disposizione dei personaggi in rapporto allo spazio assumono un valore narrativo, e non solamente estetico. Dal manifesto Che cosa stiamo cercando di fare per la terza volta?: «Quanto d’interessante c’è nel disegno e nella composizione».
Shinji protagonista totale e totalizzante, così totalizzante che l’intero mondo che lo circonda dipende, anzi deriva dal suo muoversi o meno. Shinji demiurgo del suo mondo, e demiurgo non con il verbo o il fango, ma con il movimento. Come l’animazione.
La seconda considerazione è di tipo grafico: la grande varietà di situazioni, scenografie e messinscene data da un film da 155 minuti suddiviso in blocchi distinti consente a Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time di essere il trionfo del service. C’è di tutti e tre i tipi e in continuazione: quello erotico poiché praticamente tutti i personaggi femminili -in particolare Asuka- finiscono col mettere almeno una volta il loro sedere dritto in faccia alla cinepresa, poi quello tecnico dato dall’abbondanza di armi e meccanismi disegnati con precisione ingegneristica millimetrica, e infine il service della violenza dato dalle numerose scene di combattimento di impressionante potenza che a volte sfiorano lo splatter. Go Nagai sarà certamente entusiasta di questo film.
Con un po’ di fortuna, avanti
Infine, la terza considerazione è di tipo narrativo: la celebre teoria del loop, che circola nel fandom da anni ed era data ormai praticamente per certa, è sbagliata. Esatto, la teoria del loop è sbagliata. È SBAGLIATA.
Viene dichiarato in maniera esplicita nel film in almeno tre momenti. Il primo è quando Shinji ha la sua conversazione con Kaworu, il quale gli dice che il suo nome è scritto sul misterioso Libro della vita e questo gli consente di morire e rinascere all’infinito; Kaworu ha poi aggiunto al suo il nome di Shinji, e questo gli ha permesso, gli permette e gli permetterà di incontrarlo ancora e ancora (e infatti l’aveva già incontrato da bambino, ma Shinji non se lo ricordava). Quindi non sono tutti i personaggi che ritornano indietro nel tempo o comunque ricominciano le loro vite: è solo e soltanto Kaworu che è immortale. È esattamente quello che succedeva nel film cult 1999 nen no natsu yasumi di Shūsuke Kaneko, a cui Anno deve già moltissimo fin dal tempi della serie TV e in cui un personaggio di nome Kaoru (!!!) muore e rinasce innumerevoli volte per rincontrare il protagonista.
Il secondo momento è durante la conversazione di Shinji e Rei nel teatro/Unità-01/testa di Shinji durante il Perfezionamento.
– Shinji: Sei rimasta solo tu, Ayanami.
– Rei: Io sto bene qui.
– Shinji: Fuori da qua ho trovato un posto per vivere per un’altra te. Penso che, quando tornerà, anche Asuka si accorgerà che è un posto nuovo.
– Rei: Un posto dove essere felici senza pilotare l’Eva: è questo che volevi, Ikari-kun.
– Shinji: Esatto. Quindi, anche per te è possibile vivere fuori da qua.
– Rei: Davvero?
– Shinji: Davvero. Anch’io sceglierò una vita dove non si debba salire sull’Eva. Non è possibile far tornare indietro il tempo e lo spazio, eppure… vorrei riscrivere un mondo dove non serva salire sull’Eva. Un mondo dove possano vivere persone nuove.
L’ultima battuta di Shinji è probabilmente la più diretta e la meno ambigua dell’intera storia di Evangelion dal 1995 a oggi. Non si riavvolge lo spaziotempo, non esistono i loop: esiste solo l’andare avanti. È la stessa meravigliosa morale nel finale dell’episodio 26, quando Shiji prova a riscrive un mondo nuovo, quello con Asuka amica d’infanzia e Rei che corre col toast in bocca: sei tu che cambi il mondo, sei tu che decidi per te stesso, sei tu che hai potere sul tuo destino. È una morale straordinariamente potente che però prevede una clausola specifica: non si torna indietro, non ci sono loop, non c’è il restart dopo il game over. Se ci fosse il loop, allora non sarebbe poi così importante avere potere sul proprio destino, que sera sera e se anche andasse male non importa, tanto alla fine si ritorna al punto di partenza. E invece no: le proprie scelte condizionano la propria vita e non si torna indietro, è proprio per questo che sono così importanti, è proprio per questo che la vita ha valore, è proprio per questo che bisogna vivere.
Bisogna vivere: la grande lezione morale di Hayao Miyazaki.
E parlando di Hayao Miyazaki: il terzo momento che nega la teoria del loop è la canzone VOYAGER ~ Hizuke no nai bohyō (“VOYAGER ~ Una lapide senza data”) di Yumi Matsutōya aka Yuming, ovvero non casualmente proprio la cantautrice preferita di Miyazaki, il quale usò il suo brano del 1973 Hikōkigumo nel film Si alza il vento (con Anno doppiatore). In Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time il brano arriva proprio alla fine del Perfezionamento, è interpretato da Megumi Hayashibara, la doppiatrice di Rei e di Yui, ha nel testo il ritornello «Fino alla morte, voglio essere orgogliosa di averti conosciuto e di averti amato» (uhm, potrebbero sembrare le parole di una madre), e a un certo punto arriva il verso:
Quant’è lontana la meta? Ormai non si può più tornare indietro.
È semplicemente impossibile che in una saga così millimetricamente curata come Evangelion, in cui ogni dettaglio è stato studiato con precisione chirurgica, sia stata usata casualmente proprio questa canzone proprio con questo testo proprio alla fine del Perfezionamento. Il messaggio è chiaro: lo spaziotempo non si ripete, indietro non si torna.
https://youtu.be/q8GpsHl1Cvw
Yuming esegue VOYAGER ~ Hizuke no nai bohyō in uno dei sui scenografici concerti.
Una coincidenza è una coincidenza, due coincidenze sono un indizio, tre coincidenze sono una prova: la teoria del loop è sbagliata.
D’altronde Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time si conclude in una maniera che rende totalmente, totalmente impossibile continuare la storia. Non è proprio più tecnicamente possibile, non ci sono proprio più gli Evangelion, spariti, finito tutto. Semplicemente la serie TV finiva in un modo, i film del 1997 in un altro e questo Rebuild of Evangelion in un altro ancora.
Evangelion è una storia che si ripete (anzi «di ripetizioni»), sì, ma non a loop: si ripete come le fiabe, narrazioni orali che passavano da nonni a nipotini e poi da quei nipotini diventati nonni ai loro nipotini, ogni volta con dettagli diversi pur mantenendo intatto il cuore della storia, la sua trama e la sua morale. Non è quindi un’unica lunga storia continuativa che si ripete ogni volta da capo e a ogni reinizio recupera l’eredità della ripetizione precedente, bensì una storia che viene ripetuta e ogni volta è diversa. Se così non fosse allora anche questo film sarebbe dovuto finire in maniera da poter consentire un nuovo inizio, e invece non è così.
Evangelion è una storia che si ripete nel senso che viene narrata tante distinte volte, e non che riparte da capo al suo interno.
Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time su questo è lapidario: esattamente come in Utena la fillette révolutionnaire, che è a tutti gli effetti il franchise gemello di Evangelion ed esplicita ancora di più il tema fiabesco, tutte le narrazioni sono rinarrazioni della stessa trama in contesti diversi con finali diversi e personaggi diversi, ma tutte funzionano e hanno valore fintanto che hanno la stessa forza narrativa e lo stesso messaggio per lo spettatore: la potenza dell’amore come collante fra le persone. L’amore come unico mezzo per giungere al Perfezionamento dell’Uomo, un mezzo ben più forte di ogni A.T. Field e lancia di Longinus e qualunque altra tecnobubbola.
Shinji Ikari è Gesù Cristo, probabilmente
Il tema delle fiabe, che è già stato ampiamente notato in Evangelion, conduce a un dettaglio che aveva colpito il fandom nel momento in cui ci si è resi conto della sua presenza discreta, ma costante nei primi tre film del progetto Rebuild of Evangelion: il libro Il principe felice e altre storie di Oscar Wilde. Nei primi tre film si trova letto da Rei nella camera d’ospedale di Shinji, poi sul comodino nel suo appartamento, e infine buttato nella biblioteca disastrata della NERV. È un dettaglio importante, poiché compare con precisione e la copertina del volume è stata esplicitamente disegnata da Moyoco Anno, oppure è solo un MacGuffin che sta lì per far scervellare i fan e distrarli dalla trama principale, così che arrivi in maniera più inaspettata?
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L’INTERPRETAZIONE RELIGIOSA DEL FILM
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Heal the World
Certamente un tema molto, molto caro a Hideaki Anno è quello dell’ecologia. È letteralmente alla base del suo curriculum artistico, in quanto fra i suoi primissimi lavori c’è stato Nausicaä della Valle del vento, vero e proprio inno esplicitamente ecologista, ma anche le sue opere successive si occupano in maniera più o meno diretta e più o meno metaforica del rapporto dell’uomo con la natura: basti pensare anche solo al fatto che il Second Impact, per quanto nella fiction di Evangelion sia un’esplosione generata da un essere alieno, nella pratica quello a cui porta non è né più e né meno che la crisi ecologica, col riscaldamento globale e l’innalzamento del livello del mare e l’estinzione di numerose specie e tutto il resto. Sia il Second Impact sia la crisi ecologica sono danni causati da un cattivo uso della scienza da parte dell’uomo, e sono quindi metaforicamente la stessa cosa.
Nel suo uso a fini comunicativi e costruttivi di catastofi causate dall’uomo ai danni della natura, Anno si conferma una volta di più come l’erede di Miyazaki, che ha fatto della difesa della natura una delle sue bandiere, arrivando a coinvolgere l’intero Studio Ghibli in attività pratiche in difesa dell’ambiente, un tema che in Giappone è molto più politicizzato rispetto all’Occidente.
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L’INTERPRETAZIONE ECOLOGISTA DEL FILM
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Da capo
La musica di Evangelion è sempre stata affidata a Shirō Sagisu, il compositore di riferimento di Hideaki Anno. Per la colonna sonora di Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time non si può dire altro se non quello che già si è detto per le sue precedenti colonne sonore, ovvero: è bellissima. Come sempre Sagisu recupera suoi vecchi temi, sia da Evangelion sia dagli altri titoli di Anno, a cui dà nuovi e a volte sorprendenti arrangiamenti, e anche stavolta non delude.
Lo stesso si può dire per Hikaru Utada, che per i lunghi titoli di coda del film canta due canzoni: la prima è One Last Kiss, un nuovo brano scritto appositamente per il film, mentre il secondo è un nuovo, delicato arrangiamento della già nota Beautiful World sottotitolato Da Capo Version.
Il videoclip di One Last Kiss, la nuova ending theme scritta da Hikaru Utada per Evangelion, è stato diretto da Hideaki Anno stesso.
Saraba…
E così si conclude Evangelion. Tutti i personaggi hanno svolto il loro arco di trasformazione, alcuni sono sopravvissuti e altri no, molte domande insolute hanno trovato risposte -alcune assolutamente inaspettate-, e ogni spettatore potrà trovare qualcosa di buono in questo film così ricco di arcobaleni, di sentimenti e di contenuti. Forse è una conclusione ecumenica, forse serve per accontentare tutti, forse sarebbe stata questa la conclusione che avrebbero voluto i fan nel 1997 dopo la serie TV. Forse, ma prima di qualunque cosa questa conclusione è -a suo modo- un lieto fine, e un lieto fine è sempre liberatorio.
Eppure è una conclusione che non è una morte: è piuttosto un dies natalis, un abbandono del mondo fisico per entrare definitivamente nel mito.
Con questo quarto film, eliminando l’ipotesi del loop a favore della rinarrazione fiabesca che si conclude con un “… e vissero tutti felici e contenti”, Anno mette la parola “Fine” alla sua esperienza con questa storia che ha radicalmente cambiato la vita a lui come a tante altre persone nel mondo. O forse non è veramente una fine? Durante una scena nel teatrino del Perfezionamento, una proiezione sul muro potrebbe far sospettare che si tratti dell’ennesima di tante storie che si rincorrono. Eppure, poi arriva quel finale così meravigliosamente luminoso e lapidario che non lascia spazio a dubbi: dopo 25 anni, 5 mesi e 5 giorni, Evangelion è finito. È ora di tornare alla realtà, è ora di tornare nel mondo vero, basta cartoni animati. Torniamo a casa, che nel caso di Hideaki Anno è la città di Ube. Non c’era il loop e se anche ci fosse stato, beh, si è interrotto per sempre. Addio, fine, stop. Questo vuol dire che, se davvero Anno concederà ad altri artisti di espandere il suo universo con nuove opere, come già accade per Gundam e Macross, queste potranno esistere solo come prequel o midquel, non come sequel – a parte voli pindarici che al momento sembrano improbabili.
In ogni caso, c’è sempre speranza e, forse, ci rincontreremo ancora. Per ora non resta che dire a Hideaki Anno grazie per aver prodotto qualcosa di così importante, addio per questa storia, e congratulazioni per quello che verrà.
Addio per sempre, Evangelion.
終劇
P.S.: alla vista della lettera «Buongiorno, buonanotte, grazie, addio» credo di aver riso e pianto contemporaneamente. Miglior arco di trasformazione di sempre per il miglior personaggio di sempre dell’animazione giapponese.