Oggi, giovedì 27 giugno 2019, è uscito su La Stampa l’articolo di Gianmaria Tammaro intitolato Il pasticcio del doppiaggio di Evangelion, doppiatori pronti a lasciare e incomprensioni del testo.
L’articolo, come confermato dall’autore, non è apparso in prima battuta sull’edizione cartacea del quotidiano: inizialmente riservato agli abbonati, l’articolo è ora disponibile gratuitamente sul sito de La Stampa, probabilmente a causa dell’enorme risonanza che sta avendo il caso #Evaflix, ovvero per le polemiche legate al nuovo adattamento italiano di Evangelion in occasione della sua uscita su Netflix.
In questo nostro post evidenzieremo e commenteremo gli stralci più interessanti dell’articolo.
Prima di entrare nel merito della questione e quindi provare a ricostruire quella che è la storia di questo nuovo adattamento di “Evangelion”, è importante fare un passo indietro e provare a prendere in esame anche altri tre elementi. Il primo: Netflix, con buone probabilità, almeno nel territorio italiano, ha sottovalutato la portata del fenomeno della serie. Il secondo: non c’è stata piena consapevolezza, da parte della VSI, del tipo di prodotto su cui stavano lavorando. E il terzo e forse più importante: c’è una differenza tra doppiaggio e adattamento; e quello che in questo caso va preso in esame è l’adattamento.
Come hanno detto alcuni dei professionisti coinvolti, la VSI ha avuto un’idea confusa di anime e del suo target di riferimento. “Evangelion” non è stata avvicinata come un prodotto di massa, ma come un titolo per la nicchia.
Tammaro inquadra immediatamente le questioni: se da un lato Netflix è interessata al rilascio globale e quindi possono esserci dei “caduti per fuoco amico”, è chiaro che la società incarica di realizzare adattamento e doppiaggio VSI Roma non è stata in grado di capire l’importanza e la qualità dell’opera su cui si sarebbe accinta a lavorare; inoltre il focus è giustamente posto sull’adattamento e non su altri elementi della lavorazione.
Infine è stato sbagliato il target: Evangelion non è un prodotto di nicchia (sempre se nel 2019 sia ancora possibile di parlare di pubblico italiano di nicchia per quanto riguarda l’animazione nipponica), bensì è un prodotto di portata universale che vuole e deve raggiungere il maggior numero di persone possibile.
Gualtiero Cannarsi, secondo la nostra ricostruzione, è stato contattato solo in un secondo momento. All’inizio, la VSI aveva coinvolto un altro professionista che ha suggerito di rivolgersi a Cannarsi perché “massimo conoscitore della materia” in Italia. Altro punto dolente emerso dalla nostra ricostruzione: c’è stato un cortocircuito tra le parti coinvolte, e sebbene ci siano stati più volte problemi in sala di doppiaggio è mancata un’effettiva comunicazione tra adattatore e doppiatori.
È importante sottolineare che Gualtiero Cannarsi è stato una seconda scelta. Chi potrebbe essere l’addetto ai lavori che ha scelto di non lavorare a Evangelion? Per quale motivo?
Perché Cannarsi non era stato preso in considerazione in prima battuta? Forse VSI sapeva delle critiche mosse ai suoi vari adattamenti dei film Ghibli per Lucky Red?
Nell’articolo viene presentata la versione di Fabrizio Mazzotta, che ha diretto il doppiaggio di Evangelion per Netflix, e che fino a questo momento non si era espresso sull’affaire #Evaflix.
«La prima volta che siamo stati contattati è stato intorno agli inizi del dicembre del 2018». […] «Mi hanno contattato perché avevano visto che avevo firmato le prime direzioni e i primi adattamenti di “Evangelion” (in una lettera pubblica firmata da Francesco Di Sanzo, co-fondatore di Dynamic Italia, viene detto che anche quegli adattamenti erano stati lavorati e riscritti da Gualtiero Cannarsi, ndr). Sia della serie, quella andata in onda in televisione su MTV, sia dell’edizione home video dei film. Netflix, in tutto questo processo, non c’era. La cura del doppiaggio è stata affidata alla VSI».
Tammaro dà il giusto rilievo alla querelle relativa alla lavorazione del 1997/2001 di Evangelion.
Nella visione di VSI, “Evangelion” è una serie molto specifica che si rivolge a un pubblico specifico. «E l’idea, secondo me, è sbagliata», aggiunge Mazzotta. «Non si può pensare che visto che parliamo di cartoni giapponesi, ci rivolgiamo a un pubblico particolare, con interessi particolari, che ha bisogno di un linguaggio particolare. Perché non è così».
Mazzotta evidenzia che la visione di VSI su Evangelion sia secondo lui scorretta. Questo pubblico non è particolare, questo pubblico è mainstream. E cosa potrebbe intendere VSI per “pubblico specifico”? Un ammasso di otaku e hikikomori fuori dal mondo?
L’unica cosa che (Cannarsi) aveva chiesto era di poter rivedere i copioni. E dopo vent’anni, era una richiesta più che legittima».
C’è stato, però, un problema. «Pensavamo che il lavoro sarebbe proceduto velocemente. In realtà Gualtiero ha riscritto i copioni daccapo, facendoci perdere anche tempo rispetto alla tabella di marcia che ci eravamo imposti e che chiedeva Netflix». Alcuni turni di doppiaggio sono stati saltati e una settimana, circa, è stata persa. «Ma questo è il meno. Il vero problema è stata la riscrittura. Perché farraginosa, difficile, incomprensibile. Apostoli o angeli non importa», insiste Mazzotta. «Ha anche un motivo e Gualtiero l’ha spiegato. Il linguaggio, invece, è così involuto e complicato, che ha creato anche dei problemi in sala. Mi creda se le dico che, a un certo punto, i doppiatori volevano abbandonare la serie perché non riuscivano a lavorare e perché non volevano rimetterci la faccia».
La supposta revisione dei copioni da parte di Cannarsi, secondo Mazzotta, è stata una riscrittura totale, con inevitabili ritardi a catena e con la generazione di dialoghi impossibili da capire per direttore e doppiatori. Il livello di difficoltà era tale da rischiare di far saltare il cast a lavorazione in corso. La cosa ha dell’incredibile e del grottesco.
Lo stesso Mazzotta, confessa, ha avuto delle difficoltà. Come direttore del doppiaggio ha provato a correggere alcuni passaggi – secondo il suo punto di vista – ma la VSI gliel’ha impedito, dicendo che non si poteva. «Non so che tipo d’accordi avessero stretto. Io ero un loro dipendente, quindi mi sono rimesso alle loro direttive».
Mazzotta ha provato a sistemare in corsa le cose che non gli tornavano ma VSI, pur consapevole del problema, si è opposta.
Tutta la lavorazione è durata circa un mese e mezzo: «che sono tempi», dice Mazzotta, «normalissimi». Ma come si procede in questi casi? «Arriva la traduzione, per “Evangelion” dal giapponese; e l’adattatore deve adattare: rendere comprensibile una lingua e dei concetti per il suo pubblico di riferimento. Questo, ovviamente, non vuol dire modificare il concetto espresso da una frase. Perché sarebbe travisare». L’obiettivo ultimo, continua Mazzotta, è avvicinare il pubblico ad un’opera. E non allontanarlo. «L’adattatore, la sua cifra stilistica, non si possono sovrapporre all’opera. Non si devono riconoscere. L’adattatore deve nascondersi. Deve fare un servizio per lo spettatore. Se capire diventa una cosa complicata, fallisce nel suo compito. Se vuoi la fedeltà assoluta, metti l’originale. E va benissimo».
La lavorazione di Neon Genesis Evangelion, inteso come serie TV e i due film cinematografici, è stata svolta in circa 45 giorni, un normale tempo per gli standard attuali di doppiaggio. Mazzotta esprime la sua idea sull’adattamento, lavoro da lui svolto in altre occasioni: l’adattamento deve avvicinare il pubblico all’opera, e l’adattatore non deve apparire. Tutto secondo le teorie di traduzione e adattamento.
Il compito del direttore del doppiaggio, invece, è leggere i copioni, capire e approfondire la storia, e dare di volta in volta indicazioni ai doppiatori. «E il doppiatore recita. Ma se il testo è scritto male, e non si capisce da che parte cominciarlo o finirlo, risulta difficile anche la recitazione. Alcune volte, in questo caso, siamo stati costretti a tornare ai vecchi copioni anche solo per capire il significato di alcuni passaggi. Eravamo in cinque persone in sala, e nessuno riusciva a capire».
Quindi una criticità c’è stata. «Se non ci fosse stata una reale difficoltà, non ci sarebbe mai stata questa discussione», suggerisce Mazzotta. «Certo che l’opera è importante, ma siccome è così importante devi farla conoscere al pubblico nel migliore dei modi. Tu – doppiatore e adattatore – lavori per il pubblico. Non per te stesso».
Mazzotta evidenzia le grandi difficoltà nell’interpretazione dei copioni da parte dei vari addetti ai lavori e sottolinea ancora che tutto il personale coinvolto in queste lavorazioni lavora per il pubblico e non per se stesso.
Ma c’è stato un chiaro rallentamento, forse voluto, forse solo casuale, da parte di VSI, che a un certo punto, dopo la fine della lavorazione dei primi episodi, ha richiamato Cannarsi e ha rielaborato, facendole ridoppiare, alcune parti. Abbiamo provato a contattare la società romana, ma più volte ci è stato detto che non erano interessati a rilasciare alcun tipo di dichiarazione. Abbiamo contattato anche Netflix, che ha dato la stessa risposta. No comment.
Ecco apparire un’informazione importante: dopo la lavorazione, alcune parti sono state ridoppiate. Quali? Perché?
VSI e Netflix non si sono espresse sull’affaire #Evaflix, nemmeno dopo essere state contattate da Tammaro, e questo silenzio stampa fa riflettere.
Abbiamo capito che le condizioni di lavorazione del nuovo adattamento e del nuovo doppiaggio di “Evangelion” non sono state le migliori, e abbiamo anche scoperto che una parte importante del cast di lavorazione non era a suo agio con i nuovi testi.
Tammaro focalizza l’attenzione sulle difficoltà complessive della lavorazione, e sul fatto che la maggior parte del cast aveva problemi con i testi forniti dall’adattatore. A questo punto il giornalista decide di consultare anche Gualtiero Cannarsi, che in questi giorni è stato al centro dell’attenzione e ha già potuto motivare le proprie ormai note posizioni sull’adattamento, non solo scrivendo sul forum Pluschan su cui è solito discutere abitualmente, ma anche rilasciando interviste e partecipando a due live streaming, uno su Astromica e uno su Animeclick.it.
Tornando a “Evangelion” e al suo nuovo adattamento, Cannarsi dice che la prima volta che ha incominciato a interfacciarsi con la VSI i lavori erano già, in parte, iniziati. «Credo di essere stato contattato perché sono l’autore della maggior parte dei testi degli adattamenti della precedente edizione, ed ero anche stato coinvolto nella fase di doppiaggio. VSI, mi è parso, era quasi imbarazzata nel chiamarmi per la nuova edizione. Al contrario, però, ero il primo a voler rifare l’adattamento per migliorarlo».
Secondo Cannarsi, al suo arrivo la lavorazione era già iniziata. Da chi? Dal precedente adattatore che ha rinunciato in suo favore? Cannarsi ha ribadito la sua gioia di poter rimettere mano a Evangelion su cui aveva già lavorato per l’edizione del 1997/2001: d’altronde aveva espresso in più occasioni questo desiderio.
In questo tipo di approccio, però, il dubbio è che a rimetterci sia il pubblico più ampio. «Il pubblico non è un ente passivo e disinteressato», risponde Cannarsi. «L’adattamento non significa piegare una cultura a un’altra cultura: questo è offensivo. Perché vorrebbe dire che il pubblico non è in grado di comprendere la cultura di partenza». E se poi, come in questo caso, c’è un cortocircuito tra opera adattata e pubblico? «Se il pubblico non vuole impegnarsi, dovrà pagare lo scotto. Dopotutto stiamo parlando di un’opera straniera».
Secondo Cannarsi, la mancanza di impegno da parte del pubblico è la causa della difficoltosa fruizione dell’opera.
Ma la cultura non dovrebbe essere accessibile a tutti? A costo, anche, di utilizzare un linguaggio più accessibile? «Questa è una visione che non potrò mai accettare. La cosa più importante è che si rispetti lo spirito dell’opera. È proprio questo quello che dà accessibilità. Se ti do una cosa mistificata per semplificazione, ti sto ingannando. Io devo darti il vero». Ma non c’è il rischio, al contrario, di una mistificazione per complicazione? «Non funziona all’opposto, e parlo per me. L’accessibilità è all’essenza delle cose. Se le cambio, ti prendo in giro».
L’adattatore non prende minimamente in considerazione la possibilità che la sua pedanteria corrompa l’opera. Questo dal nostro punto di vista è gravissimo e irrispettoso.
Un’altra cosa che Cannarsi ha sempre ripetuto è che non gli interessa del mercato e di come i suoi colleghi lavorano. «Non si può pensare al numero; bisogna entrare nel merito. Non so se c’è qualcun altro che lavora come me, e non mi importa. Non faccio scelte sulla base di quello che fanno gli altri. Veramente siete così eterodeterminati? Fa paura; fa davvero paura».
Cannarsi dichiara di disinteressarsi al mercato e ai propri colleghi. Altrettanto grave e irrispettoso, secondo noi, perché non lavora da solo né solo per se stesso.
Come abbiamo già detto, il caso – se di caso vogliamo parlare – del nuovo adattamento e del nuovo doppiaggio di “Evangelion” mostra una contrapposizione di punti di vista. E diventa chiara una cosa. La vera criticità, per quanto paradossale possa sembrare, non è tanto Cannarsi che ha preso determinate decisioni, quanto piuttosto l’idea che c’era a monte da parte di Netflix – che si è limitata, in un certo senso, ad appaltare il lavoro – e di VSI di questo nuovo adattamento.
È mancata, in altre parole, una visione d’insieme. Ed è stato privilegiato un approccio particolare – quello, appunto, di Cannarsi – che non ha tenuto conto, e non vuole tenere conto, del cosiddetto pubblico mainstream. È un serpente che si morde la coda. E anche se se ne può parlare, resta il fatto che il pubblico – indefinibile, vaghissimo, impossibile da censire: per carità – è il ricevente finale di un’opera, e se non riesce a fruirne c’è, di base, un errore. Qualcuno può vederlo; qualcun altro, invece, no. Ma anche questa, a modo suo, è una questione di sensibilità. E “Evangelion”, così, rischia di rimanere confinata in uno spazio che non merita.
Tammaro conclude un ottimo articolo evidenziando che nella lavorazione di Evangelion, contraddistinta da diversi punti di vista, è mancato uno sguardo più ampio, e che la visione di Cannarsi ha condizionato gli altri colleghi; la responsabilità viene attribuita a Netflix e a VSI. Viene evidenziato il fatto che il punto focale di un adattamento verta sul pubblico, e perdere questa visione è il problema. A farne le spese, ovviamente, è Evangelion.