Intervista a Fabrizio Modina (Super Robot Files/Super Robot World)

Non si può comprendere fino in fondo Evangelion senza inserirlo adeguatamente nel contesto mecha sci-fi in cui è nato e da cui ha subito moltissime influenze. Distopia Evangelion è sempre stata sensibile ad un’analisi contestualizzata e a questo proposito ha intervistato un vero esperto in materia, impegnatissimo in moltissimi progetti legati a cinema, animazione e robot, tra cui la pubblicazione per J-Pop dell’enciclopedia analitica Super Robot Files, di cui in occasione del Lucca Comics & Games 2016 è stato presentato il secondo volume, Super Robot Files 1979/1982: stiamo ovviamente parlando di Fabrizio Modina, che abbiamo avuto il piacere e l’onore di incontrare di persona per un’intervista che ci ha gentilmente concesso, durante la quale abbiamo conversato amabilmente di animazione, di robot, di Evangelion, di fantascienza e del fantastico in generale.

Fabrizio Modina

Presentiamo Fabrizio ai pochi che non dovessero ancora essersi imbattuti in una sua mostra, cosa difficile per gli appassionati di fantascienza e animazione: torinese, classe 1970, Fabrizio Modina è uno dei massimi collezionisti al mondo di toys fantascientifici. Insegna allo IED di Torino e, in quanto storico di mitologia contemporanea, ha collaborato alla creazione delle mostre “Watch Me Move!” della Barbican Art Gallery di Londra e “Cose da un Altro Mondo” del Museo Nazionale del Cinema di Torino, per il quale ha anche co-curato “Manga Impact – Il mondo dell’Animazione Giapponese”, prodotta insieme al Festival del Film di Locarno in Svizzera.

Fabrizio Modina, autore di Super Robot Files e curatore di Super Robot World

Ha fatto parte dei comitati scientifici delle esposizioni “Kyoto-Tokyo – Des Samourais aux Mangas” per il Grimaldi Forum del Principato di Monaco e “Giappone – Dai Samurai a Mazinga” per Casa dei Carraresi di Treviso.
Ha collaborato anche a “Bushi – Parte prima” per il Museo d’Arte Orientale di Torino e l’associazione culturale Yoshin Ryu, e ha creato “Guerre Stellari – Play”, mostra-evento sulla storia di Star Wars. Ha curato “GodzilLand” e sta attualmente lavorando a “Super Robot World”, retrospettive dedicate rispettivamente alle figure iconiche dei dinosauri e dei robot in un viaggio tra cinema, animazione, fumetto e letteratura.


Le passioni

Distopia Evangelion: Ciao, Fabrizio! Come è nata la tua passione per l’animazione giapponese e per la fantascienza?

Fabrizio Modina: Se andiamo indietro nel tempo, quella per l’animazione giapponese è stata una passione secondaria, perché il mio primo amore sono stati i supereroi: ho imparato a leggere un anno prima di iniziare le elementari per poter leggere I Fantastici 4. La mia generazione ha conosciuto questa cultura pop contemporanea più o meno negli stessi anni, perché prima in Italia esisteva ben poco: concentrati in 3 o 4 anni sono arrivati i supereroi della Marvel e della DC, Star Wars e l’animazione giapponese, che poi hanno attecchito rimanendo definitivamente in Italia; credo che la passione per l’animazione giapponese derivi, per me e per tutti i miei coetanei, dall’aver visto Goldrake, dall’aver vissuto Ufo Robot Grendizer, però per quanto mi riguarda il primo amore per la fantascienza e per il sense of wonder nasce dalle pagine de I Fantastici 4 di Jack Kirby e Stan Lee, e poi si è sviluppata verso tutto il resto.

Fabrizio Modina e la sua incredibile collezione di toys fantascientifici

DE: Come e quando ti è balenata in mente l’idea di realizzare la tua collezione? Su quali aree tematiche si sviluppa?

FM: Non è mai nata come un’idea, è stata una cosa assolutamente spontanea, come bere, dormire, mangiare: quando ho smesso di giocare ho iniziato a collezionare, anche se ogni tanto gioco ancora, dipende dai giorni, dallo stato e dall’umore. Col tempo le cose mi sono un po’ sfuggite di mano ed è diventata una collezione che sta aprendo un percorso. Effettivamente mi risulta di essere stato il primo collezionista di questo genere ad aver aperto la propria collezione ai musei o comunque alla comune condivisione e questo è forse il mio unico obiettivo. Io colleziono per preservare un’epoca e poterla trasmettere successivamente. Le aree tematiche sono tre, esattamente quelle che hanno influenzato di più la mia vita, quindi l’animazione giapponese di fantascienza, Star Wars e i supereroi della DC e della Marvel.

Le mostre

DE: Grazie alla tua passione per l’animazione giapponese, hai curato le mostre “Bushi – Parte prima” e “Manga Impact”. Ci puoi raccontare qualche aneddoto relativo a queste mostre?

FM: Bushi è nata in modo casuale e ci ha riservato grandissime soddisfazioni: non conoscevo l’associazione culturale Yoshin Ryu e mi è piaciuto moltissimo lavorare con loro; spero che ci siano altre occasioni in futuro.
Manga Impact invece è capitata in un momento in cui io stavo lavorando al Museo del Cinema di Torino, ed è stata effettivamente una mostra difficile, coraggiosa, la prima in Italia a voler trattare queste tematiche. Io ringrazierò sempre il dottor Barbera, direttore uscente del Museo del Cinema di Torino, per il coraggio avuto nel voler portare avanti questa mostra quando tutto andava contro di noi. Abbiamo anche imparato a gestire i giapponesi, cosa non molto facile, e abbiamo capito come costruire una mostra su questa tematica, che ha fatto da apripista per tanti altri progetti. In questo il Museo del Cinema si è dimostrato davvero avanti. Tematiche oltretutto che il dottor Barbera non sentiva vicine a sé, ma che aveva deciso comunque di esplorare perché meritavano attenzione: stiamo parlando del 2009, ormai 8 anni fa. È stata una grande emozione, ho dei bei ricordi di quel periodo.

Il cinema e la mitologia contemporanea

DE: Oltre a essere un collezionista e un esperto di animazione nipponica, sei anche un esperto di cinema di fantascienza e hai curato le mostre “GodzilLand” e “Guerre Stellari – Play”. Con Shin Gojira il Re dei Mostri ha avuto un reboot per mano di Hideaki Anno, mentre Star Wars è recentemente tornato alla ribalta con Il risveglio della Forza, Rogue One e nel 2017 uscirà Episode VIII – The Last Jedi. Qual è la tua opinione sull’attuale evoluzione di questi due celeberrimi franchise?

Fabrizio Modina, curatore di GodzilLand

FM: Io odio dare opinioni: tutti danno delle opinioni, ci si sta perdendo nelle opinioni. Credo che sia abbastanza visibile il fatto che stiamo vivendo un’epoca di crisi creativa molto profonda: si dà poco spazio ai giovani per inventare qualcosa di nuovo, per credere in qualche cosa di nuovo, e la mia generazione si sta dimostrando stranamente troppo reverenziale nei confronti di quella precedente, quindi viviamo di omaggi a cose preesistenti. L’ultima grande invenzione del cinema e della letteratura è stata Harry Potter, dopodiché non è arrivato più nulla di così originale: stiamo aspettando la prossima grande idea.
In questo momento Star Wars, Godzilla e molte altre opere sono diventati dei calderoni dai quali attingere a volte in maniera fortunata, a volte in maniera un po’ meno brillante. Per rendere vivi questi franchise per le nuove generazioni che partono da zero si è usata una tecnologia più contemporanea, e ci sarà una trasmissione continua di questi franchise. Ricordiamoci che Guerre Stellari ha vissuto un decennio di completa dimenticanza: oggi sembra impossibile ma per molti anni Guerre Stellari sembrava un marchio finito; durante parte degli anni ’80 e degli anni ’90 era completamente sparito, adesso soprattutto per mano della Disney, che ne ha acquisito il marchio, c’è interesse a mantenere vivo un soggetto che ormai fa parte della mitologia contemporanea e moderna, diventato imprescindibile per qualunque generazione futura.

Fabrizio Modina, curatore di Guerre Stellari - Play

DE: Mitologia contemporanea… Non c’è alcuna differenza tra le rinarrazioni attuali di Mazinga e i miti di migliaia di anni fa.

FM: Considero il mio lavoro una valorizzazione della mitologia moderna. Quando mi chiedono di definirmi, rispondo di essere uno studioso di mitologia moderna, un termine che magari prima non esisteva: lo abbiamo coniato per l’occasione, lo portiamo avanti e ci crediamo perché sta dando dei risultati.

DE: Risultati non solo in termini di pubblico ma in termini culturali veri e propri.

FM: Un nostro intento è quello di aprire i musei attraverso queste tematiche per avvicinare di nuovo i giovani, che si erano discostati per un eccessivo classicismo e per una mancanza di trasmissione di interessi e valori veri da parte di una élite di intellettuali, distaccata completamente dalla realtà. Queste sono tematiche che possono riportare invece i grandi classici ai giovani semplicemente con una rilettura più vicina a loro.

DE: Ricordiamo che al Museo d’Arte Orientale, in occasione di “Bushi”, c’erano tantissimi bambini entusiasti di andare alla mostra, e una volta vista la temporanea hanno visitato anche il resto del museo.

FM: Questa è l’operazione più importante, difatti “Bushi” ha riscosso tanto interesse quanto la collezione permanente del Museo di Arte Orientale di Torino.

DE: Queste operazioni possono abbattere i reciproci muri di diffidenza tra giovani ed élite culturale… Per esempio associare e confrontare Star Wars alla figura del samurai, verso cui quest’opera è estremamente debitrice, è molto interessante per un ragazzino. Alla fine la filosofia Jedi è una rilettura del Bushido da parte di Lucas.

FM: Sì, è molto interessante vedere l’evoluzione di un elemento reale e appartenente al passato in un qualcosa che semplicemente ha cambiato forma ma in sostanza è sempre quello.

Catalogo di Bushi - Parte prima, mostra a cui Fabrizio Modina ha collaborato

Super Robot Files

DE: Siamo tutti appassionati di fantascienza, animazione e mecha, quindi non possiamo non parlare del tuo Super Robot Files, pubblicazione a carattere enciclopedico di cui è appena uscito il secondo volume. Come è nata l’idea di questo progetto?

FM: L’idea è nata tanti anni fa dal mio lato archivista: amo archiviare, conservare e fare chiarezza. A metà degli anni ’90 stava tornando quel desiderio di conoscere questi robot e quindi ho incominciato a cercare materiale, a creare dei file che poi per scherzo sono diventati una trasmissione radiofonica e sono naturalmente evoluti in un libro che doveva avere una direzione precisa. Sto scoprendo che la vendita del primo volume, andato esaurito e la cui ristampa uscirà a breve, è trascinata dall’uscita del secondo. C’è stato molto scetticismo all’uscita del primo volume: io per primo lo comprendo perché gran parte delle pubblicazioni italiane al riguardo erano tutte estremamente amatoriali e non scientifiche. Poiché il pubblico italiano era abituato a vedersi proporre dei libri estremamente discutibili, sia in termini di forma che di contenuto, in molti non l’hanno comprato perché non si sono fidati. Devo dire che quando si è sparsa la voce che il libro era -mi permetto di dire- serio, di lì è scattato un volano che l’ha reso un bel successo editoriale anche un po’ inatteso: non pensavamo di vendere così tante copie, siamo veramente molto contenti.

DE: Insomma, Super Robot Files è arrivato al momento giusto…

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FM: Già. Con Super Robot Files vogliamo far ordine in maniera filologica e andare all’origine di un genere. Tutti gli italiani conoscono Grendizer con un nome che non è il suo, Goldrake, quindi mi è sembrato giusto che queste opere venissero riportate, ripulite e riproposte al pubblico italiano per come veramente sono. Io che non sono assolutamente un nostalgico, né voglio esserlo, non ho mai pensato di scrivere delle mie esperienze in quel momento, come invece hanno fatto in molti. Quasi tutti i libri a tema che leggo iniziano con un “Ero un bambino, ero davanti alla tv, guardavo Goldrake…”
No! Io ho voluto fare un’enciclopedia, dove non c’è nulla di mio né della mia vita, nessuna opinione personale, ma dei dati freddi, puri, magari scritti in un modo divertente per creare un’emozione in chi li legge.

DE: Il taglio di questi due libri è molto accattivante: dalla grafica, ai testi, alle immagini dei toys.

FM: Penso di aver avuto l’editore migliore sulla piazza, perché J-Pop ha un meraviglioso gusto grafico, ci siamo capiti subito e la prima cosa che ho detto è stata: “Non voglio una copertina che sembri degli anni ’70… Guai!”
Tutti i libri di quel genere erano fatti così, con una grafica malinconica, terribile, degli anni ’70. La prima cosa che ho detto è stata: “Voglio un libro che sembri uscito dalla Apple!”

DE: Parliamo della bella idea di sovrapporre in copertina le silhouette delle teste dei robot, simili ai kabuto dei samurai… È un logo fantastico!

FM: Senza infrangere copyright, a partire da un’idea molto sintetica, abbiamo sviluppato una chiave grafica che sta funzionando. Il corredo fotografico poi -non mi stanco mai di dirlo- è anche il risultato dei prestiti di grandi collezionisti grazie ai quali ho potuto inserire nel libro non solo immagini dei miei pezzi ma anche quelle di altri elementi meravigliosi che non mi appartengono: insieme abbiamo costruito questo libro.

DE: La grafica di copertina rende il prodotto immediatamente riconoscibile. Questo è un fattore di successo perché Super Robot Files non è rivolto al passato, ma guarda al futuro. È molto moderno.

FM: La gioia più grande che posso avere è pensare che voi, che non siete della mia generazione, lo abbiate letto. La mia grande soddisfazione è vedere un ventenne che lo legge per entrare in un mondo nuovo.

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Tomino, Evangelion e l’animazione robotica

DE: Siamo estimatori di Yoshiyuki Tomino, sia per l’importanza di questo regista nell’animazione nipponica, sia per l’influenza che hanno avuto su Hideaki Anno ed Evangelion i suoi capolavori, Mobile Suit Gundam e Ideon. Cosa pensi di queste due opere?

FM: Penso che siano davvero molto importanti. Oltretutto viviamo in Italia dove tutti pensano sempre a Go Nagai quando si parla di robot, però ricordiamoci che Go Nagai ha “inventato” i robot, ma Tomino li ha fatti vivere. Nagai è un grande, ha avuto delle idee geniali, Tomino ha scritto delle storie geniali, e queste sono due cose completamente diverse. Gundam è una storia che ha fatto davvero da spartiacque, lo aveva già fatto Zambot 3 ma era passato un po’ in sordina. Gundam ha rivoluzionato la storia dell’animazione a livello di contenuti, a livello di narrazione, a livello di tutto quello che si poteva cambiare: non per nulla fu un flop inizialmente, perché tutte le cose diverse nell’immediato non funzionano mai.
Ideon rimane lì, in una nicchia per pochi, un pugno nello stomaco incredibile, un’opera che non può essere considerata per bambini e dove ritengo effettivamente che si celi, si collochi il vero seme che ha generato Evangelion. C’è molto di Ideon in Evangelion, magari in un substrato che non si può cogliere immediatamente; quel concetto di divinità, di esoterico, di impalpabile era già presente, pronto per essere colto e portato alla superficie. Peccato che sia un’opera ancora inedita in Italia perché varrebbe veramente la pena di essere vista molto più di altri anime ai quali siamo legati più per affetto che non per valore effettivamente narrativo.

DE: Sarebbe davvero bello recuperare Ideon in Italia… Lo rimarchiamo perché l’obiettivo di Distopia è sempre stato quello di analizzare Evangelion contestualizzandolo nel filone mecha: non esiste Eva senza Ideon o Gundam, non esiste Gundam senza Mazinga e così via… Tomino è un grandissimo regista e non potevamo non nominarlo in questa intervista.

FM:Tomino è uno scrittore di storie radicali, in alcuni casi, e soprattutto è stato coraggioso. Solo lui sa quanti soldi ha fatto perdere alla Sunrise, però comunque ha avuto sempre coraggio. Speriamo che prima o poi qualcuno pensi di recuperare Ideon in DVD: dico questo perché scrivendo Super Robot Files mi sono accorto che nel nostro paese ci siamo persi il meglio. Nel momento in cui stavano arrivando le vere sceneggiature sono finiti i cartoni animati in Italia, e per vere sceneggiature intendo al 90% i lavori di Tomino; come consiglio di vedere Ideon consiglio anche di recuperare Xabungle, Dunbine e L-Gaim, di cui parlerò nel prossimo libro: sono opere stupefacenti.

DE: Riteniamo che il problema sia il fatto che prima si acquistassero i cartoni pensando al pubblico dei più piccoli, mentre quando sono arrivate le vere sceneggiature non più adatte a quel pubblico in Italia abbiano pensato: “A chi le proponiamo?”

FM: In Italia non c’era più quel pubblico perché i bambini erano cresciuti e c’è stato un gap, mentre io ho continuato a guardare i cartoni animati e a comprare i giocattoli nella fase dell’adolescenza ma sono stato una mosca bianca: di norma quando si cresce certe cose non interessano più. Questo vale per la mia generazione; ormai la fruizione dei cartoni è entrata così tanto nel DNA delle persone che oggi non c’è più un’età. Per la mia generazione era un po’ un tabù guardare i cartoni animati a 20 anni.

Fabrizio Modina nutre i leoni di Voltron... Pardon, di Golion!

DE: Adesso si riconosce un valore artistico a questo tipo di opere: il fatto che Miyazaki vada a vincere un Oscar paragonabile a un premio per un film con attori in carne e ossa la dice lunga. C’è stato un cambio di prospettiva, però è ovvio che ci siamo persi il meglio, quindi per recuperare la quantità di materiale che viene pubblicato ogni anno in Giappone anche gli editori si trovano in difficoltà in quanto non sanno cosa pubblicare: la novità? Il prodotto vecchio e di qualità? Ma avrebbe un pubblico? E quale pubblico? Se mai Ideon uscirà avrà dei costi altissimi, poiché sarà pubblicato in un formato per collezionisti.

FM: Stiamo parlando di un’opera che è ancora perfettamente fruibile. Da un lato proporre in Italia la serie in bianco e nero di Tetsujin 28-go è impensabile perché non è più un’opera fruibile: è troppo naif, infantile, ingenua, primitiva per poter essere vista da un bambino e anche da un adulto. Queste sarebbero operazioni che rimangono di studio e di nicchia.
Dall’altra parte invece ci sono opere che, seppur datate a livello tecnico, non lo sono affatto a livello di narrazione, e questo le rende più elastiche da un punto di vista di vendita, restando nell’ambito di un’operazione di ripescaggio: questa è la grande sfida del secondo volume di Super Robot Files, che inizia a parlare di serie che non si sono viste in Italia e che io reputo molto più interessanti di quelle del primo volume, in cui bene o male ci si ritrova davanti all’ovvio. Invece in Super Robot Files 2 c’è una ricerca, una narrazione che spero spinga il lettore ad approfondire queste serie che non ha potuto vedere. Gli semplifico la strada facendo un riassunto, poi sta al lettore dire: “Mi sembra interessante… Mi sono appassionato a Dougram, bellissimo, da vedere assolutamente! Vado a cercarlo e me ne faccio una ragione.”

DE: Neon Genesis Evangelion nel 1995 ha segnato un nuovo rinascimento dell’animazione giapponese e ha riscosso un grandissimo successo, ma ha anche diviso -e continua a dividere- critica e pubblico: Eva si odia o si ama visceralmente. Come ti poni nei confronti dell’opera più importante di Hideaki Anno?

FM: Io mi pongo al centro perché penso che sia esattamente come Akira: pochi al termine di Akira hanno detto di aver capito di cosa stava parlando. Evangelion ha questa forza, la forza di lasciare dei dubbi, di voler lasciare dei dubbi, fermo restando che è un’opera che conosco meno bene rispetto ad altre e che ho intenzione di approfondire: una scheda su Evangelion nel terzo volume di Super Robot Files ci sarà, evidentemente non può mancare.
Forse dopo Evangelion l’animazione giapponese tende un po’ a essere parodia di se stessa. Vedo molti lavori che non vanno oltre la necessità di spiegare se stesse. Dopo Evangelion a livello robotico c’è il nulla, e questo è preoccupante perché è un prodotto datato 1995; dopo sono usciti solo remake interessanti, come Shin Mazinga shogeki! Z hen o il bellissimo remake di Tetsujin 28-go, che hanno semplicemente riscritto delle opere dando finalmente delle sceneggiature: di fatto Mazinga Z non aveva sceneggiatura, c’erano un inizio, una fine e 90 episodi nel mezzo; ripeto, era un’idea magnifica ma senza una storia: riscoprendolo per le generazioni del 2000 gli si è data una storia, oltretutto molto coerente perché riprende tutto il mondo dei manga di Nagai e non soltanto l’animazione, però al di fuori di questi ripescaggi non ci sono novità. La stessa Gainax non è più riuscita a inventare qualcosa che andasse oltre Evangelion ma ha riciclato Evangelion in altri modi, quindi questo è un grande problema.

Fabrizio Modina e Tetsujin 28-go, un pezzo della sua sconfinata collezione

DE: Evangelion è stato un punto altissimo che ha rischiato di essere la pietra tombale del genere, perché è stato così innovativo da non riuscire poi ad andare oltre.

FM: Ci vuole un atto di coraggio da parte di qualche artista e da parte di qualche studio che ci creda per andare avanti e per portare alla ribalta un autore che sarà il prossimo genio. Qualcuno che non si faccia intimidire dal passato, che non pensi: “Oddio, adesso che è stato già fatto tutto, io cosa posso fare?”
Qualcuno talmente arrogante da dire: “Ecco, ci sono io, questa è la mia idea”. D’altronde la Rowling cosa ha fatto con Harry Potter? Ha messo in un calderone un insieme infinito di cliché, ha rovistato ed è venuto fuori un qualcosa di geniale grazie alla fantasia che lei ha saputo utilizzare nell’interpretare questi cliché triti e ritriti della magia, ed è stata meravigliosa.

DE: È quello che ha fatto anche Anno. Ci sono poche cose realmente innovative ma c’è tanto di tutto, ed è tutto rivisitato. In un nostro intervento di qualche tempo fa abbiamo paragonato Anno a Tarantino: Anno conosce così bene i cliché di genere che si può permettere di stravolgerli, però parte da una base che è già stranota a tutti.

FM: L’effetto Tarantino adesso sta diventando ridondante. Io continuo a leggere fumetti di supereroi che hanno una struttura narrativa tale e quale a Pulp Fiction: a distanza di venti anni da Pulp Fiction adesso basta con la frammentazione cronologica degli episodi; torniamo a raccontare le cose in maniera fluida perché non è più una novità neanche quella. Eppure tanti autori pensano di essere originali frammentando cronologicamente la storia come ha fatto Tarantino, ma ormai lo stanno facendo tutti.

DE: E purtroppo costoro non sono Tarantino… Serve una cifra stilistica importante, perché altrimenti chiunque prenderebbe in mano una telecamera e farebbe un grande film.

FM: Confermo.

Supereroi e cinecomic

DE: Prima abbiamo parlato di supereroi… Siccome anche noi siamo appassionati di fumetti di supereroi, cogliamo l’occasione per chiederti quali sono i tuoi preferiti…

FM: I Fantastici 4: attualmente sto soffrendo molto perché sono la mia famiglia e in questo momento non hanno una loro testata. E poi Doctor Strange: amo meno il fumetto violento in stile Punisher, il fumetto di strada non è tanto il mio genere. Io sono molto cosmologico: amo tutte le volte in cui intervengono Galactus e le divinità cosmiche Marvel…

DE: Ti è piaciuto il film di Doctor Strange, da poco uscito nelle sale cinematografiche?

FM: Mi sono divertito: questi effetti digitali mi hanno fatto perdere un po’ il senso dell’orientamento e non è stato affatto male. È un personaggio sul quale si può fare ancora molto, ha delle possibilità infinite e poi esplora l’universo magico della Marvel, che secondo me oggi è molto più vicino al gusto e all’identità dei giovani rispetto alla tecnologia. Le storie di magia funzionano meglio rispetto alla tecnologia, vedremo come verrà sviluppato.

DE: Prima con la Marvel e ora con la Disney c’è questa sperimentazione sui personaggi secondari: film sperimentali come Doctor Strange e Ant-Man sarebbero stati impensabili se si fossero concentrati su personaggi di prim’ordine come Spider-Man e Iron Man. Presto uscirà il secondo film dei Guardiani della Galassia, e poi le serie TV su Luke Cage, Iron Fist, i Difensori

Il terzo volume di Super Robot Files: Super Robot Files 1982/1984

DE: Il terzo volume di Super Robot Files analizzerà la storia dei mecha fino al 1984, ultimo anno dell’epoca d’oro dei robot giapponesi. Hai in cantiere un progetto sulla “Mecha Silver Age”, sempre che esista un corrispettivo di quella dei supereroi americani?

FM: Mi viene difficile parlare di una Silver Age dei mecha perché di fatto non c’è stata: c’è stato il nulla fino a Evangelion. Vorrei creare delle schede e poi andare avanti ma non so se lo farò, non so se varrà la pena archiviare e schedare un’infinità di serie che non hanno avuto un grande valore né narrativo né innovativo; piuttosto mi dedicherò ad altro ben volentieri, ma non credo che esista un’epoca d’argento dopo quella d’oro: c’è soltanto Evangelion e basta. Possiamo parlare dell’epoca dei remake, però di fatto è già stato fatto in ogni capitolo perché, come avete visto, laddove c’è stato un remake è stato menzionato nell’apposito file, quindi sarebbe un po’ una ripetizione.
Nei comics ha avuto un senso parlare di Silver Age, nell’animazione robotica c’è un grande vuoto incolmabile.

In attesa di Super Robot Files 1982/1984

DE: Ricollegandoci a quanto hai appena detto, ripensiamo alle parole di Anno del 2007: “Nel corso degli ultimi dodici anni non c’è stato alcun anime più nuovo di Evangelion“, ma a questo punto si instaura un circolo vizioso.

FM: Un serpente che si morde la coda.

DE: Tornando al discorso di prima sull’innovazione e sull’osare nel mondo dell’animazione, all’epoca la Gainax era costituita da un affiatato gruppo di giovani amici universitari: erano degli appassionati che conoscevano talmente bene determinati generi e materiali ed erano talmente giovani da essere sfrontati e da lanciarsi nell’impresa.

FM: Erano giovani, ma questo accadeva oltre vent’anni fa. C’erano motivi validi per cui alla Gainax hanno creato prodotti di successo: idee fresche e affiatamento; in futuro ci vorrà una motivazione altrettanto valida per una nuova ondata, una quarta ondata.

DE: Di fronte alle affermazioni di Miyazaki che dice che l’animazione è morta, e a quelle di Anno che teme un abbassamento della qualità e uno spostamento della produzione verso i più economici studi coreani, possiamo ipotizzare un crollo qualitativo non solo dell’animazione ma anche scrittura.

FM: In un’epoca in cui tecnologicamente possiamo rappresentare e visualizzare tutto, se non c’è la storia rimane ben poco.

La mostra Super Robot World e i lavori futuri

DE: Al momento stai lavorando alla mostra “Super Robot World” da te curata. Puoi darci qualche anticipazione al riguardo? Ci sarà spazio anche per Evangelion?

FM: Abbiamo l’ardire di pensare che sarà la più grande mostra sui super robot mai fatta in Europa, ci piace pensarlo e stiamo lavorando affinché lo sia. Ci stiamo impegnando perché anche dal Giappone notino quello che stiamo facendo. Abbiamo raggruppato i più grandi collezionisti italiani e alcuni musei che ci daranno del materiale del quale sono orgogliosissimo. La mostra traccerà un percorso a 360 gradi sull’argomento: faremo un’introduzione sul passato, quindi sui samurai e su ciò che ha portato ai robot, poi intraprenderemo un’analisi per autore e per casa di produzione, quindi avremo Mitsuteru Yokoyama, ovviamente Go Nagai e la Toei; analizzeremo l’arrivo dei robot in Italia, come sono stati inseriti e come l’industria italiana li ha visualizzati in quegli anni.
Avremo la Tatsunoko, la Sunrise, ci sarà uno spazio importante per Macross, ci sarà Evangelion con la Gainax, ci saranno i Transformers, che rappresentano un universo a se stante ma decisamente importante.
Ci soffermeremo sui robot della televisione non animata, quindi i tokusatsu, i super sentai, i Power Rangers, e poi sui robot che non sono super robot, quindi i droidi di Guerre Stellari, Robbie di Forbidden Planet, i robot della Marvel e della DC, gli androidi, i droidi, i robot mascotte, e finiremo con una visione dei cosiddetti super robot globali, ovvero gli omaggi e le idee che sono stati colti negli Stati Uniti e in Italia e in altri paesi analizzando i super robot giapponesi.
C’è un menù molto ricco, “Super Robot World” sarà davvero consistente: c’è molto materiale bellissimo in Italia.

Da ultimi aggiornamenti pervenutici da Fabrizio Modina, la mostra subirà uno slittamento della data di apertura verso l’autunno, vi terremo aggiornati al riguardo.

Super Robot World, mostra di cui Fabrizio Modina è curatore

DE: Altri progetti per il futuro?

FM: Una bella vacanza… Ci vuole proprio, anche se non nell’immediato. Dobbiamo ingrandire e spostare Guerre Stellari – Play, dobbiamo lavorare a “Super Robot World” e a Super Robot Files 3, la cui stesura è stata sospesa per dedicarmi alle mostre; a Lucca è stato annunciato l’artbook della Tatsunoko della cui edizione italiana dovrei occuparmi io; GodzilLand ormai va per conto suo e c’è un’altra grande mostra in lavorazione della quale non posso ancora parlare ufficialmente, ma ci sono bei progetti per il 2017.

DE: Rimarremo a seguire tutti i tuoi grandi progetti. È importantissimo quello che stai facendo.

FM: Vi ringrazio per il vostro supporto. È bello sapere che c’è qualcuno che viene a vedere quello che facciamo. È importante fornire qualità, l’ho sempre pensato in qualunque lavoro io abbia gestito. La qualità è importante e si trasmette, viene percepita e apprezzata. È un motivo per cui non sono né mai sarò un otaku, ma un professionista di un settore che stiamo creando in questo momento: siamo tra i primi a fare di questa passione un lavoro. Vado nei musei in giacca e cravatta, per trasmettere professionismo soprattutto a una generazione che stenta un po’ a credere in questo prodotto, mentre noi dobbiamo dare delle garanzie culturali: questo si può fare se ci si crede e se si sa di poter trasmettere sicurezza e professionalità. Il lavoro che faccio negli ultimi anni non è affatto stato semplice; mi sto dando molto da fare perché questi lavori si sono concretizzati tutti insieme, ben venga, ma ci sono stati dieci anni di lavoro per spianare la strada, affinché si arrivasse a questo. Di rospi ne ho dovuti ingoiare a laghi interi, ma adesso sto cogliendo finalmente i frutti di anni di lavoro, e ne sono chiaramente contento.
Per quanto riguarda Super Robot Files io non voglio medaglie al merito, voglio solo che chi lo compra sia soddisfatto di aver speso 25 euro, in un momento di crisi economica come questo, in cui spendere una cifra del genere può essere un sacrificio. È quello che penso ogni volta in cui sto facendo un lavoro: chi acquista un mio prodotto deve essere soddisfatto.

DE: Tutti possono attrarre con un bel “cofanetto” e con le chiacchiere, e ci sono molti che sono molto bravi ad attrarre col fumo, però poi di fatto quello che conta è il contenuto, la qualità. E quando si apre il “cofanetto” cosa si trova? Nel momento in cui si trova qualcosa di valido e prezioso si segue anche tutto ciò che ne deriva.

Fabrizio Modina e i primi due volumi di Super Robot Files

FM: Anche io rappresento la facciata di un prodotto, ma insieme a me ci sono tantissime persone che lavorano: tutti gli architetti per le mostre, coloro che si occupano dell’illuminazione, dei prestiti di materiale, i grafici. Io rappresento un universo di persone meravigliose senza le quali i miei progetti non potrebbero essere concretizzati, poi alla fine è il mio nome che esce ma io da solo non sono in grado di fare tutto, quindi il merito di questo successo va anche alle persone che mi hanno aiutato a trovare le serie inedite. Tutto quello che faccio è il risultato di un gruppo di persone che amano queste cose e che mi danno un enorme aiuto e anche un incoraggiamento, quella è l’energia di cui si ha bisogno.

DE: I risultati di questo lavoro appassionato e corale si vedono. Ti ringraziamo moltissimo per la tua disponibilità, e buon lavoro!

Informazioni su Hikari Horaki

Figlia degli anni '80, Hikari Horaki ha conosciuto Neon Genesis Evangelion nel 2001 e da allora non l'ha mai tradito. Finalmente ora può dire la sua!
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