La storia della Principessa Splendente ed Evangelion: simbologie a confronto

Vi starete chiedendo: ma cosa c’entra La storia della Principessa Splendente (かぐや姫の物語 Kaguya-hime no monogatari), film dello Studio Ghibli del 2013 diretto da Isao Takahata, con Evangelion? A prima vista non molto, ma analizzandoli più in profondità, forse, qualcosa li unisce.

La storia della Principessa Splendente ed Evangelion: simbologie a confronto

Facciamo una doverosa premessa. Se non avete ancora visto La storia della Principessa Splendente rimediate immediatamente, dato che l’edizione home video è in uscita il 26 marzo: primo perché ne vale davvero la pena, secondo perché questo articolo contiene qualche SPOILER.
Il recente film dello Studio Ghibli è basato sull’antico racconto popolare giapponese Taketori monogatari (“Il racconto di un tagliabambù”), che narra del ritrovamento in una canna di bambù di una bambina, grande come un pollice, da parte di un umile tagliatore di bambù, che la accudisce, insieme alla moglie, come una figlia. I genitori capiscono subito che questa bambina è un dono del cielo e decidono quindi di crescerla come una principessa.

La nascita di Kaguya

La storia di Kaguya, che prende spunto da antiche tradizioni popolari giapponesi, è avvolta da un profondo simbolismo di stampo buddista e shintoista. Anche Evangelion, pur attingendo solo strumentalmente da simbologie cristiane, trae, in modo meno esplicito almeno per noi occidentali, molti concetti e nozioni dalle due religioni più diffuse in Giappone.
Uno dei simboli più ricorrenti, sia in Kaguya-hime sia in Evangelion, è la Luna.

Rei e la luna, sigla di apertura

È noto come la Luna in Evangelion sia spesso associata a Rei. Durante la serie infatti ci sono alcune scene chiave in cui le due figure appaiono come un tutt’uno; per esempio appena prima che abbia inizio l’operazione Yashima, o ancora durante la sigla di testa e di coda.

Rei e La luna, sigla di chiusura

Nel buddismo, la Luna (così come l’occhio sinistro, anch’esso associato a Rei nella sigla iniziale) simboleggia la dispersione dell’oscurità dell’ignoranza spirituale ed è connessa alla verità assoluta, all’aspetto passivo, statico, immutabile, imperturbabile. La Luna in sostanza rappresenta un’esistenza divina, priva di emozioni e sentimenti, una vita in cui si è raggiunta l’illuminazione e la pace spirituale.
Rei incarna a pieno tutti questi elementi, di certo la sua caratterizzazione ne è stata molto influenzata: è una persona schiva, senza emozioni, un’entità che non fa quasi parte del mondo terreno (in effetti non lo è affatto – teoria delle Rei Quantiche).

Kaguya e la luna, fuga da palazzo

Anche Kaguya ricorda molto l’indole di Ayanami, soprattutto negli ultimi minuti del film. La stessa inerzia, lo stesso distacco dalle cose terrene, la stessa ultra-dimensionalità. La ragione di tale natura è riconducibile alle sue vere origini: Kaguya è nata sulla Luna, sede del regno celeste, privo di imperfezioni ed emozioni, ed è stata inviata sulla Terra per compiere una sorta di espiazione.

Kaguya e la luna, sogno o realta?

Il popolo della Luna, con a capo proprio Buddha, scende sulla Terra per riportarla indietro. Nonostante Kaguya debba dire addio ai genitori e alle persone care, sulla via del ritorno rimane fredda, incapace di provare emozioni.
Nel momento in cui lascia la Terra succede qualcosa. Malgrado sia assimilabile ad un’entità perfetta, i suoi occhi si gonfiano inspiegabilmente di lacrime. Ed è come se istantaneamente tornassimo con la mente all’episodio 23 di Evangelion, intitolato appunto Lacrime – Rei III. È proprio Ayanami (III) che esplicita il sentimento comune dei due personaggi: “Queste sono lacrime? Dovrebbe essere la prima volta che ne verso. Eppure ho la sensazione che non sia la prima volta. Io… Io sto piangendo. Perché sto piangendo?”

Kaguya e Rei, lacrime

È palese, quindi, che vi sia una connessione, più o meno voluta, tra i due personaggi, almeno a livello di caratterizzazione. Entrambe infatti compiono un percorso a tratti molto simile ma che può essere considerato, in un certo senso, “inverso”: Kaguya nasce “dalla terra”, la sua anima e la sua coscienza sono inizialmente umane, salvo far poi ritorno sulla Luna, in un ideale viaggio dalle emozioni all’apatia; Ayanami invece nasce come essere consapevolmente semi-divino, privo di sensazioni terrene, ma termina il suo cammino nell’autodeterminazione.
Tutto questo porta al medesimo convincimento: la vita terrena e con essa i “legami” (altro parola fondamentale in entrambe le opere) contaminano le esistenze altrui. In questo senso, il monologo di Rei dell’episodio 14 è evocativo: “Chi è questa? Questa sono io. Chi sono io? Cosa sono io? Cosa sono io? Cosa sono io? Cosa sono io? Io sono me stessa. Questo corpo costituisce il mio essere, la forma che definisce il mio essere. Il mio io visibile, che però non percepisco come il mio io. Strana impressione. […] Avverto presenze esterne al mio io. C’è qualcuno là fuori, al di là della soglia? Ikari. Conosco queste persone. Il maggiore Katsuragi. La dottoressa Akagi. Altri ragazzi, compagni di classe. Il pilota dello 02. Il comandante Ikari. Chi sei tu? Chi sei tu? Chi sei tu?”
Ma c’è un altro elemento interessante.
In realtà Kaguya, o almeno il suo lato più terreno, quello che vediamo per quasi tutta la durata del film, ricorda molto un altro personaggio chiave in Evangelion, spesso in antitesi con Rei proprio per la sua opposta natura: Asuka.

Kaguya e Asuka

Il pilota dello 02 è infatti molto più legato ai principi dello shintoismo e cioè all’aspetto attivo, dinamico, energico, “positivo” della vita.
Kaguya e Asuka hanno, anche in questo caso, alcuni elementi in comune, ovvero quelli legati all’aspetto “materiale” e concreto della vita (da notare che Kaguya “cresce” ogni volta che vive un’esperienza importante). Entrambe sono istintive, energiche, combattenti. È proprio questo tipo di vita che farà desiderare a Kaguya di rimanere sulla Terra: “Non è impura!” – riferendosi proprio a essa rispondendo a un abitante del regno celeste – “C’è gioia e dolore. E chi vive qui prova questi sentimenti in tutte le loro sfumature. Ci sono uccelli, insetti, animali, erba, alberi, fiori… E sentimenti!”. Quello di Kaguya è un grido di ribellione, molto simile al “Non voglio morire!” di Asuka in The End of Evangelion (perché in effetti Kaguya, nel suo ritorno verso il regno celeste, è come se morisse).
C’è quindi un filo sottile che lega Kaguya-hime no monogatari ed Evangelion che può essere sintetizzato come la costante antitesi, presente in molte opere giapponesi, tra gli opposti, in questo caso tra buddismo e shintoismo, apatia e emozione, Rei e Asuka, che è in conclusione la scelta a cui viene messo di fronte Shinji: meglio un mondo in costante alternanza tra gioia e dolore o un mondo perfetto ma senza sentimenti?

Ringraziamenti
Un grazie di cuore al team di Distopia Evangelion che si è reso subito molto disponibile e mi ha dato la possibilità di scrivere questa riflessione. Complimenti per la vostra costante passione e dedizione.
Ringrazio inoltre il team di Dummy System, il cui sito è a mio parere uno dei migliori su Evangelion. Molti dei vostri articoli sono stati per me spunto di continue riflessioni su questa fantastica opera!

Copyright immagini: Studio Khara e Studio Ghibli

Informazioni su The Loop Theory

Amante della cultura giapponese, ricordo ancora la prima volta che sentii Zankoku na tenshi no these. Capii subito che Evangelion sarebbe rimasto nel mio cuore e nella mia mente.
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